Ritorno a San Rocco: nel 1982 il salvataggio della “scherma” e della cultura del tamburello

di Vincenzo Santoro

da Nuovo Quotidiano di Puglia, 17 agosto 2014

ritornoasanrocco2Allo sguardo del turista, il Salento appare oggi come un luogo di forte e orgogliosa conservazione della cultura tradizionale. Questa immagine seducente e attrattiva (e a dire il vero un po’ controversa) risulta essere in realtà non tanto una eredità lineare e naturale del passato, quanto il punto di arrivo di una serie di azioni di recupero e valorizzazione del patrimonio tradizionale, condotte negli anni in cui gli effetti disgreganti del “progresso” avevano quasi cancellato queste espressioni culturali, che sul lungo periodo hanno consentito, fra molte contraddizioni, di salvarne e rilanciarne alcuni elementi, secondo modalità originali e innovative.

Uno dei protagonisti di questo lavoro culturale, nello snodo cruciale degli anni ’70/80 del secolo scorso, è stato Giovanni Pellegrino, geniale ed estrosa figura di intellettuale di base, autore di alcuni fra i più importanti interventi finalizzati in particolare al “salvataggio” delle feste popolari, che stavano perdendo gradualmente le specificità e le funzioni che le avevano caratterizzate per secoli all’interno della cultura contadina.

L’operazione più seminale di Pellegrino fu condotta nel 1982 sulla grande festa di San Rocco a Torrepaduli, evento religioso che come è noto produceva anche un grande raduno di suonatori e danzatori tradizionali che, nella notte del 15 agosto, davano vita alle “ronde”, in cui, al ritmo ossessivo dei tamburelli, si svolgevano le sfide di “scherma”, duello danzato in cui due uomini simulavano un combattimento con i coltelli. Nel corso degli anni ’70, anche questa festa entra in una crisi che pare irreversibile, sempre meno suonatori e danzatori si ritrovano davanti al santuario, e i livelli di specializzazione musicale e coreutica calano sensibilmente. Addirittura, la disgregazione culturale era arrivata a tal punto che, come ci ricorda l’etnocoreologo Pino Gala, «a seguito dei successi cinematografici della seconda metà degli anni ’70 di film farciti di arti marziali orientali, alcuni giovani duellavano nella pizzica schermata con precarie e ridicole imitazioni estemporanee di kung-fu e di karate, tanto che anziani maestri di scherma si erano talmente stufati delle nuove forme parodistiche e caricaturali del ballo, che avevano smesso di parteciparvi o di recarsi addirittura alla festa».

Per contrastare questa situazione di degrado un gruppo di operatori culturali locali, capitanati da Pellegrino, organizza nell’estate del 1982 Ritorno a San Rocco, un’iniziativa di “mobilitazione culturale” il cui obiettivo è proprio quello di tutelare le “specificità” della festa e di rivitalizzarla, a partire dal far ritornare in uso il tamburello tradizionale, sempre meno utilizzato dai suonatori locali (cosa che oggi, quando i suonatori di questo strumento sono forse decine di migliaia, ci può apparire incredibile, ma allora la situazione era questa, tanto che viene lanciato sulla stampa un appello per non far scomparire questo «simbolo di una civiltà»!). A collaborare al progetto vengono chiamati esperti qualificati, fra cui l’etnomusicologo Diego Carpitella, che aveva assistito Ernesto de Martino nella storica indagine sul tarantismo del 1959.

A partire dai primi giorni di agosto i tamburellisti rimasti in azione nella provincia vennero contattati e coinvolti in tre feste private, con l’obiettivo di fargli tornare la “passione” per la musica popolare, che si stava col tempo perdendo. Per sostituire quelli in dotazione dei suonatori, che in molti casi erano quasi inservibili, vennero fatti costruire appositamente 25 tamburelli nuovi. Tutta questa energia viene poi convogliata sulla Festa del tamburello, organizzata a Cutrofiano insieme all’amministrazione comunale, un grande evento popolare che rimase a lungo nella memoria dei partecipanti. La catena di iniziative infine confluì nella “partecipazione attiva” alla festa notturna di san Rocco a Torrepaduli. Cominciò così un percorso di recupero, rafforzamento e rilegittimazione della festa, che negli anni a venire diventerà il grande evento danzante “spontaneo” dell’estate salentina.

In una lunga intervista rilasciata al Quotidiano di Lecce, Diego Carpitella espresse una valutazione molto positiva sull’esperienza salentina, vista come progetto esemplare nella direzione della costruzione di percorsi di «apprendimento organizzato della tradizione orale e del patrimonio della cultura contadina», anche al di fuori dei contesti rituali tradizionali, ormai irrimediabilmente perduti. E, con straordinaria lungimiranza, invitò gli enti locali a investire in questa prospettiva, organizzando altre esperienze simili comprendenti anche dei corsi «dove si possa imparare a suonare e a danzare».

Negli anni seguenti, forse senza la coscienza di un’ispirazione così autorevole, in molti nel Salento seguiranno questo “programma”, con effetti esplosivi.

 

La tradizione della “scherma” di Torrepaduli è raccontata in questo articolo: https://lnx.vincenzosantoro.it/2014/08/15/a-torrepaduli-si-balla-la-scherma/

Per approfondimenti rimando al mio libro Il ritorno della taranta. Storia della rinascita della musica popolare salentina

Maggiori informazioni sull’attività di Giovanni Pellegrino si possono avere (anche con un bellissimo video d’epoca) cliccando qui

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