di Sergio Torsello
da Nuovo Quotidiano di Puglia di giovedì 27 Marzo 2014
“La pizzica è un grande riattivatore di comunità. La musica è un linguaggio straordinario, perché riaccende l’audio dei territori. Bisognerebbe fare in altre regioni quello che si è fatto in Puglia per la musica”. A dirlo Franco Arminio, l’inventore della “paesologia”, che ad aprile (dall’11 al 13) sarà a Melpignano per inaugurare la Scuola Nazionale di paesologia, prima tappa di un tour organizzato dall’Associazione Borghi Autentici d’Italia. La paesologia è una “scienza arresa”, dice Arminio “radicalmente ecologica”. Il paesologo gioca sugli opposti – intimità e distanza, individuo e comunità, tensione civile e tensione lirica – per spiegare la sua creatura. Un oggetto misterioso, secondo alcuni, per molti una delle forme più raffinate di agire culturale (e politico) contemporaneo. Intellettuale atipico, Arminio è oggi una delle voci più ascoltate della sinistra italiana. E dalla sua Irpinia posa uno sguardo lucido, al tempo stesso poetico e spietato, sulle bellezze e sui mali del sud. Un Sud spesso consegnato alla “congiura dei deboli”, che a volte appare come un problema, altre volte come una meravigliosa opportunità.
Lei ha definito la paesologia come un misto di “etnologia e poesia”. Può spiegarne meglio il senso?
Il senso è che l’osservazione e la descrizione del mondo esterno è sempre in qualche modo coniugata con una visione soggettiva, umorale, non intellettualistica. Che mette in gioco il corpo, le emozioni, l’esperienza sensoriale. Il paesologo non ha certezze preconfezionate. Produce visioni. Suggerisce che si può abitare il mondo in un modo nuovo.
Nel Salento è quasi di casa. Qual è il suo rapporto con questo lembo di Sud?
Sono molto legato al Salento, un sud “ orizzontale”, diverso da quello in cui sono nato. Amo i suoi orti, la sua luce, la sua gente. Il Salento è un bel luogo del mondo. Lo considero una risorsa dell’Europa, non solo del Mezzogiorno. Ritengo una fortuna vivere a pochi chilometri da Pompei, a tre ore di macchina dal Salento. Ma poi penso che questi luoghi straordinari del Sud dovrebbero amarsi di più, incontrarsi di più, dialogare tra loro e insieme con il mondo.
Nei suoi immaginifici reportage lo sguardo si sofferma tanto sui paesi quanto sui poeti. Qual è la relazione tra la poesia e i luoghi?
Parlo dei poeti quando ci sono. Ho la sensazione che la poesia alligni più facilmente nei luoghi più sperduti e affranti.
“Autismo corale” vs comunità. La paesologia può aiutare a ricostruire un senso di appartenenza?
Bella domanda. Questa è la sfida cruciale. È ora di farla finita con l’autismo corale. È il momento di costruire nuove comunità, nuove e antiche. Comunità “provvisorie”, comunità di “sentimento”. Tutto ciò che può servire ad arginare la proliferazione di Io e dell’indifferenza, la mancanza di compassione.
Per la vocazione “resistente”, l’impegno civile e l’attenzione alla tutela dei beni comuni, qualcuno ha definito la paesologia “una nuova forma della politica”. La paesologia può essere una nuova declinazione del meridionalismo progressista?
Credo di si. Attenzione, impegno, rivoluzione: la paesologia politica gira intorno a queste tre parole. Io credo che il sud può avere un grande futuro. Il mondo ha bisogno del sud Italia, del suo mare, del suo cibo, dei suoi paesi, della sua cultura meno fatalista, quella inclusiva, visionaria, di quell’idea di “misura” oggi sempre più necessaria.
Il suo blog, “Comunità provvisorie”, vuole essere una risposta al “bisogno di comunità” che pervade il mondo contemporaneo?
Il blog, le scuole di paesologia, gli incontri nei territori, facebook, tutto è utile per rianimarci, per incoraggiarci. Per mettere in relazione le persone e le idee. Per provare a disarmare il disincanto.
Nei suoi scritti ha precisato che la paesologia non è “paesanologia” o idolatria della cultura locale. E spesso ha polemizzato con la tendenza a rifugiarsi in nostalgie regressive o ripiegamenti localistici. Cosa pensa del revival salentino della pizzica? Come giudica questa riscoperta dei luoghi e della cultura locale?
La riscoperta dei luoghi e della cultura locale mi sta benissimo. La paesanologia un poco meno. Non mi piace la lobby degli scoraggiatori militanti che domina spesso nei paesi del Sud. Il paesanologo ha un’idea piccola del paese. Il suo motto è piccolo paese, piccola vita. Il motto del paesologo è ben diverso: piccolo paese grande vita. Da questo punto di vista il Salento, Melpignano in particolare, è un luogo emblematico, quasi una “patria culturale” per il paesologo.
Una ampia selezione di scritti di Sergio Torsello, pubblicata con il consenso dell’autore, si può leggere cliccando qui