In ricordo di Piero Milesi

di Sergio Torsello

da Melissi – scritture straniere, migranti e di viaggio, n. 14-15, 2012, Besa editrice

Piero Milesi

Piero Milesi

Con la scomparsa di Piero Milesi, avvenuta nel Novembre scorso, se ne va non solo uno dei maggiori protagonisti della scena musicale italiana degli ultimi vent’anni, ma anche uno dei primi Maestri Concertatori della Notte della Taranta.

Ho avuto la fortuna di conoscere Milesi nel 2001, il mio primo anno alla Notte della Taranta. Sergio Blasi mi chiamò a Giugno inoltrato e mi affidò il compito dell’organizzazione, della direzione artistica del festival itinerante e della consulenza per la cultura popolare salentina. Piero Milesi era il “maestro concertatore”. Il suo era un ritorno, dopo aver diretto l’edizione del 1999. Conosceva tutti nell’ambiente: i musicisti, con i quali aveva già un profondo legame di amicizia, i politici, gli operatori culturali locali. Io invece ero “nuovo” e anche un po’ preoccupato del confronto con un musicista della sua fama: il celebrato arrangiatore di Nuvole e Anime salve di De Andrè, l’autore di “musiche d’ambiente” che avevano affascinato perfino Brian Eno. Ma con lui fu sintonia a prima vista. L’edizione del 2001, che passò alle cronache grazie ad una locuzione che ha quasi il tono dell’ossimoro, la “pizzica sinfonica”, con l’Ensemble La Notte della Taranta accanto all’Orchestra Sinfonica della Ico di Lecce, rimane dal mio punto di vista, un’edizione ardita eppure memorabile, una delle più belle in assoluto nella lunga storia del festival. Per la qualità della proposta artistica, per la scelta del repertorio e degli interpreti, per gli arrangiamenti percorsi da una raffinata poetica minimalista e trapuntati di improvvise aperture prog (la sua versione di Ferma Zitella, con la superba interpretazione di una giovanissima Cinzia Villani, si rivela ancora oggi una delle “gemme” più luminose nella storia musicale del festival). Laureato in architettura, Piero Milesi era un compositore eccellente, con solidi studi alle spalle, meticoloso fino all’ossessione, quasi fosse alla continua ricerca di un’idea di “perfezione” del gesto e della forma. Ma ciò che colpiva in lui era la distanza siderale dalle seduzioni dello star system. Poco interessato alla sua immagine, agli sviluppi della sua carriera, era estremamente attento, al contrario, ai rapporti personali, come con i musicisti salentini che non considerava delle semplici “spalle”, ma parte integrante di un progetto musicale da condividere e costruire insieme. Non a caso fu il primo maestro concertatore ad arrangiare un brano originale di un musicista di riproposta, Bendirì, di Claudio “Cavallo” Giagnotti, a testimonianza di una rara sensibilità nel valorizzare i talenti locali. Fu sempre lui, infatti, ad affidare alla Villani l’esecuzione di Ijo pucanè, musiche di Milesi e testo in grico di Gianni de Santis, la “sigla” dell’edizione 2001, che recentemente la stessa Villani ha inciso nel suo ultimo, bel disco Fimmana, mare e focu. E a testimonianza di un legame non solo professionale con i musicisti del revival salentino è doveroso ricordate che qualche anno più tardi, nel 2007, Milesi firmerà una raffinata introduzione a Ofidèa, terzo lavoro di Avleddha, l’ensemble guidato dai fratelli Rocco e Gianni de Santis. Musicista con un notevolissimo curriculum di studi (chitarra, violoncello, composizione elettronica), raccontava con orgoglio che nella seconda metà degli anni ’70 aveva fatto parte del Gruppo Folk Internazionale con Moni Ovadia e Maurizio Dehò, il funambolico violinista klezmer che volle accanto a sé nell’esperienza salentina. Un’esperienza che ha lasciato un segno profondo, per quanto ancora non pienamente rivalutato, non solo nella vicenda musicale del revival della pizzica (l’edizione 2001 fu anche caratterizzata dall’esecuzione di “Voci della terra”, personale rivisitazione della musica popolare salentina condensata in una lunga suite per orchestra con la partecipazione al tamburello di Vito De Lorenzi) ma anche nei rapporti umani, fatti di stima e amicizia sincera. Lascia anche qui, nella terra dove si sentiva a casa sua, un grande vuoto. Un vuoto difficile da colmare.

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