Tarantismo e neotarantismo
Convegno nazionale a Roma
di Barbara Romagnoli
da www.carta.org, febbraio 2001
“Tarantismo e neotarantismo. Musica, danza, catarsi, trance“, questo il titolo del convegno che si terrà a Roma il 3 e 4 febbraio prossimi (presso l’Alpheus, via del Commercio 36) , prima iniziativa a livello nazionale nella quale si presenta l’occasione per approfondire il fenomeno dei nuovi “attarantati”, che hanno invaso piazze e locali da circa due anni. Abbiamo incontrato l’ideatrice del progetto Anna Nacci, che con lo pseudonimo Tarantula Rubra conduce una trasmissione radiofonica di musica popolare ed etnica che ha riscosso un grande successo di ascolti, e Vincenzo Santoro, operatore culturale salentino, tra i relatori invitati al convegno.
“Il motivo che mi ha spinto, con la collaborazione della casa discografica di Eugenio Bennato (DFV), ad organizzare un incontro, con esperti della cultura accademica e musicisti – spiega Anna Nacci – è cercare di capire come mai le nuove generazioni sono così coinvolte dalla musica popolare; cosa le spinga a lasciarsi andare in queste danze sfrenate, senza conoscere molto spesso le storie, i ritmi e gli schemi coreutici che il rito del tarantismo porta con sé da millenni.”
“Per questo ho coniato il termine neotarantismo , vorrei discuterne con gli esperti, tutti concordi nel realizzare questo incontro, anche in relazione alla grande produzione discografica di musica popolare ed etnica in circolazione”. Vincenzo Santoro invece ritiene che “il tarantismo, così come lo vediamo nella letteratura storica, e anche in De Martino (che non a caso parlava di “relitti ancora osservabili”), è un fenomeno finito con la fine della “civiltà contadina” che l’aveva , in qualche modo, prodotto, per cui parlare di “neotarantismo” non mi sembra appropriato.
Penso che quello che sta succedendo oggi – prosegue Santoro – sia un interessante fenomeno di “recupero” dell’aspetto musicale e coreutico, ma anche di un certo modo di stare insieme “meridiano”(e qui mi rifaccio alle riflessioni di Franco Cassano). Penso alla rivitalizzazione delle feste tradizionali, alla musica e al ballo praticati collettivamente. Inoltre ho l’impressione che la pizzica per molti salentini sia anche una specie di “marcatore di identità”, un fattore di definizione di una appartenenza a un territorio. Intendiamoci bene, a scanso di equivoci: parlo di un’identità aperta, accogliente: tutti, a determinate condizioni, possono “praticare” la pizzica, inserirsi nella musica e nel ballo.
Gli aspetti propri del tarantismo storico – e anche, purtroppo, della cultura “contadina” – sono invece sconosciuti o conosciuti in maniera superficiale dalla stragrande maggioranza dei “praticanti”. Un momento di confronto fra posizioni diverse, dunque questa due giorni romana, per studiare un fenomeno che di fatto coinvolge sempre più i giovani. Per ribadire, anche rispetto alla trance che viene chiamata in gioco in queste situazioni, che la pizzica è una musica terapeutica che deve curare, come ci racconta Vincenzo Santoro “quest’estate ero a Specchia, a una delle tante feste in piazza dell’estate, con alcuni amici non salentini. A un certo punto mi si avvicina una vecchia signora, che non avevo mai visto, minuta, con un viso dai caratteri marcati, molto “meridionali” e mi “costringe” a ballare con lei. I suoi passi erano stranissimi, e aveva un modo di ballare molto nervoso, aggressivo, completamente diverso da come si usa oggi, che all’inizio mi aveva quasi intimidito. E poi mi guardava fisso negli occhi, con un’espressione molto “forte”, possessiva – non so definirla diversamente. Dopo un po’, riesco – più o meno – a prendere il suo passo, e balliamo finché la musica non finisce.
A quel punto lei mi dice, più o meno, “grazie, mi ha fatto proprio bene”, e se ne va via, senza neanche avermi detto il suo nome, lasciandomi stupito e inquieto. Penso che quell’esperienza dica molto su quello che sta succedendo oggi nel Salento.” Nel corso dei due giorni in cui interverranno tra gli altri Sandro Portelli – docente di Letteratura americana all’università di Roma e studioso di cultura orale -, Giorgio di Lecce – docente di storia della Danza all’università di Lecce -, Georges Lapassade – sociologo ed etnologo e studioso degli stati modificati di coscienza-, verranno proiettati due filmati, “Pizzicata” di Edoardo Winspeare e ” Chi ruba donne”, di Pasquale Sciarra con i Suonatori di Carpino ed Eugenio Bennato. ”
Abbiamo intenzione di redigere e pubblicare gli atti di questo convegno- continua Anna Nacci– perché questo evento, in quanto culturale, è anche politico e credo che la musica popolare possa essere portavoce della valorizzazione delle diversità culturali, per una reale crescita fondata sul dialogo e sul confronto delle differenze.” E aggiunge Vincenzo Santoro “uno degli aspetti più importanti di tutta la vicenda ha sicuramente un valore politico, perché non c’è dubbio che il ritorno alla musica tradizionale esprima una “domanda” di consumo culturale in forme diverse, forse antagoniste, rispetto a quelle “dominanti”, se mi è permesso usare questa terminologia.
E non dimentichiamoci che, anche se nel Salento il fenomeno è particolarmente forte e diffuso, questo riguarda, con modalità e accenti diversi, tutto il sud (penso a Carpino nel Gargano, all’area delle tammurriate in Campania, al fermento della Calabria). A chiudere il convegno una grande kermesse musicale, ospiti i Radicanto, Arakne mediterranea, Alfio Antico ed Eugenio Bennato che presenteranno la tradizione miscelata con le nuove rielaborazioni contemporanee,” per capire se questo nuovo fenomeno musicale, il “neotarantismo” appunto, avrà la forza e gli strumenti per ridare alla musica il suo essenziale valore d’uso, ceduto per molti versi, in occidente, al valore di scambio.”