Così è tornata la Taranta

Vincenzo Santoro ripercorre le tappe di una riscoperta culturale: dai pionieri ad oggi

di Sergio Torsello

dal Quotidiano di Lecce del 2 novembre 2009

la-pizzica-salentina-in-una-vecchia-stampaIl ritorno della taranta. Storia della rinascita della musica popolare salentina, di Vincenzo Santoro (ed. Squilibri, 18,00) è stato presentato a Roma, nell’Auditorium del parco della musica, il 28 ottobre scorso). Si tratta di un libro prezioso, che interviene a colmare una vistosa lacuna nella storiografia locale nella quale mancava una ricostruzione organica, o almeno largamente attendibile, del fenomeno di riproposta della musica tradizionale salentina. Costruito sulla scorta di una vasta ed eterogenea documentazione (libri, articoli, interventi sul web, tesi di laurea, fonti orali, strumento insostituibile quando la documentazione tradizionale è carente) il volume rimette insieme gli innumerevoli frammenti di una vicenda dall’andamento carsico che, tra evidenze e oscuramenti, prende il via sul finire degli anni ’60, grazie all’impulso di Rina Durante, e si protrae fino ai giorni nostri. In mezzo si collocano tante vicende poco note o addirittura sconosciute: il decisivo approdo salentino di Giovanna Marini, la nascita del Nuovo Canzoniere del Salento che si scioglierà nel 1973 aprendo la strada al Canzoniere Grecanico Salentino, il gruppo più rappresentativo del folk revival locale, le vicende poco note anche agli addetti ai lavori, di Salento Domani e Radici attivi nel decennio ‘70-80, che rivelano uno scenario ben più complesso e diversificato di quello fin qui conosciuto e chiudono la prima, pioneristica fase.

Poi verranno gli anni ‘80 con Pierpaolo de Giorgi (tra i primi a porre la centralità di un genere, la pizzica) e l’apparizione del Canzoniere di Terra d’Otranto prima dell’esplosione degli anni ‘90.

Inaugurata dall’esperienza dei Sud Sound System e dall’attivismo di Edoardo Winspeare, la stagione degli anni ’90 è segnata dalla Notte della Taranta, dallo straordinario proliferare di gruppi e iniziative editoriali, dalle significative esperienze degli Zoè e degli Aramirè, a cui Santoro dedica un ampio capitolo in quanto testimonianza di un peculiare modello di valorizzazione della cultura musicale del territorio fortemente intriso di spirito critico e impegno politico. È un viaggio a tratti illuminante nel caleidoscopico universo del movimento della pizzica, che delinea percorsi, stimola riflessioni e ulteriori approfondimenti, consegnando al lettore una narrazione polifonica in cui il punto di vista di Santoro (responsabile dell’Ufficio Cultura dell’Anci, appassionato operatore culturale che pure è una delle voci più apertamente critiche in seno al movimento stesso) non sovrasta mai il pluralismo delle voci che da sempre caratterizza il revival salentino.

Questo efficace dispositivo narrativo ne fa un libro emblematico che aiuta a capire come le diverse definizioni discorsive siano il risultato che l’oggetto di cui si parla (la musica popolare) ha prodotto e da cui al tempo stesso è stato prodotto. È così che i patrimoni culturali opportunamente “tradotti/trasformati” vengono “confezionati” e consegnati ad un più vasto pubblico di fruitori. In questo nuovo scenario un ruolo sempre più centrale è assegnato agli intellettuali (locali e non).

Se a Georges Lapassade va riconosciuta l’intuizione di collegare un’ipotesi di rivitalizzazione della cultura del tarantismo alle controculture musicali giovanili, altrettanto emblematico appare l’apporto di Edoardo Winspeare, artefice di un processo di “estetizzazione” della pizzica che liberandola da quella dimensione afflittiva tipica della cultura del tarantismo la preparerà ad un più vasto uso di massa. Ma Il ritorno della taranta (da leggere con l’indispensabile ausilio del cd allegato, una breve storia sonora del folk revival salentino) è anche, a suo modo, una riflessione su quel processo che Fabio Dei ha definito “dell’uso pubblico della cultura popolare”, ossia delle politiche istituzionali di valorizzazione del patrimonio etnografico locale.

Al “Salento immaginato”, per usare il titolo di un bel capitolo che ripercorre la recente genesi di un vero e proprio topos letterario che descrive il Salento come un’isola di autenticità sopravissuta allo tsunami della modernizzazione, fa da contraltare la “bellezza sotto assedio”, continuamente esposta al rischio di scempi e devastazioni.

C’è una nuova domanda di tutela del bene pubblico che nasce da questo movimento, sembra avvertire Santoro. Una diffusa consapevolezza che non si può valorizzare il patrimonio musicale locale (che oltretutto è oggi per il Salento un potente fattore di attrazione turistica ) senza tutelare i luoghi entro i quali storicamente è stato prodotto. Una domanda, quest’ultima, che ancora attende qualche risposta.

 

FacebookTwitterGoogle+WhatsAppGoogle GmailCondividi

Lascia una risposta