C’è un altro martire a Otranto: il grande Mosaico

di Franco Cardini

da La gazzetta del Mezzogiorno del 19 settembre 2006

Caro direttore, spero che tu ospiterai questa mia con un certo rilievo: se non altro perché, se sacrifico una serata tranquilla e – una volta tanto – priva d’impegni per scriverti queste due righe, è colpa tua. Infatti, qualche settimana fa, fu la tua perfidia a obbligarmi a tornar su quella che del resto era una mia vecchia passione, il mosaico pavimentale della cattedrale di Otranto , che – secondo un convegno celebrato a Perugia e alcuni «lanci d’agenzia» – era stato oggetto d’una nuova, rivoluzionaria interpretazione dove tra l’altro c’entravano la cabbalà ebraica e la mistica induista. Coincidenza ha voluto che il tuo appello mi giungesse proprio mentre finivo di leggere il bel libro edito da Maya Burger e da Claude Calame, Comparer les comparatismes (Paris-Milano, Edidit -Arché, 2006), dove un illuminante saggio di Philippe Bornet parlava appuntodi rabbini e brahmani.
Mi accinsi quindi fiducioso alla ricerca: e mi trovai naturalmente di fronte alla solita bufala occultistica, alla solita brodaglia generica, megalomane, velleitaria, fritta e rifritta senza un minimo di ordine, né di logica, né di senso compiuto. Ma sono, per mia sfortuna, una persona seria. Per cui ho invitato un mio amico anch’egli medievista, laureato molti anni fa con Eugenio Garin e specialista appunto di filosofia del XII secolo (quello del presbitero Pantaleone, il probabile ideatore del programma simbolico del grande tappeto musivo) a una bella gita nella penisola salentina, pagata di tasca nostra. Abbiamo mangiato ottimo pesce, bevuto splendido vino e ammirato di nuovo quella meraviglia di mosaico dove l’Albero della Vita racconta, con episodi ripresi dalla Bibbia e dalla storia che allora era ritenuta «profana» (Alessandro Magno e Artù) posti in parallelo, la grande avventura della caduta e della redenzione del genere umano, e dove si spiega quale sia l’armonica struttura dell’universo, del tempo scandito nei ritmi delle stagioni e del mondo con le sue molte forme viventi.
Eppure manca ancora, nonostante i benemeriti sforzi eruditi – dal vecchio Schulz giù giù fino alla Frugoni -, un’interpretazione generale e coerente di questa mirabile fonte iconica. Non mi sono dato per vinto. Ho telefonato al mio vecchio amico e collega Raffaele Licinio, presidente del Centro di Studi normanno-svevi dell’Università di Bari che tra qualche giorno aprirà i lavori della sua tradizionale Settimana di Studi, e gli ho perentoriamente detto che è necessario un grande convegno a Otranto dove gli specialisti di tutta Europa convergano per studiare di nuovo il mosaico della cattedrale. Ha accettato. Sta ora a te stargli alle costole perché mantenga la promessa. Ma è necessario farlo subito. Il tempo stringe. In un articolo di quasi quarant’anni fa, del 1968, Chiara Frugoni segnalava che il mosaico era stato vittima di «scempi d’epoche diverse» e che era soggetto a un’implacabile «opera di distruzione»; e che «le tessere se ne vanno» ma, «dove i guasti si son fatti grossi, c’è stato il brutale cemento a dissimulare i vuoti».
Direttore: datevi una sveglia costaggiù in Puglia. Son passati quarant’anni e lo scempio s’è aggravato. Sul mosaico ci sono diverse decine di sedie in plastica dalle zampe di metallo, a tormentar il mosaico. Sono cattolico romano, figurarsi se non apprezzo che i fedeli vadano a messa: lì, però, ogni messa è un passo avanti verso la distruzione d’un’opera d’arte unica al mondo. Eppure, con i materiali e le tecniche di oggi, una passerella in metallo leggero o in vetroresina basterebbe a salvare l’opera dallo scempio definitivo; e costerebbe anche poco. O, altrimenti, tanto varrebbe rimuovere il mosaico e rimontarlo in uno spazio coperto appositamente creato, magari per farne un bel museo del mosaico pugliese. Andate a vedere lo splendore che con quattro soldi ha realizzato padre Michele Piccirillo al Monte Nebo, in Giordania, un’area ben più disagiata del Salento.
Permettimi un po’ di sana esterofilia. Ormai da circa tre anni, vivo buona parte del mio tempo in Francia. So quel che dico: se Otranto fosse una città della «Sorella latina», a quest’ora l’area circostante sarebbe piena di grandi cartelli pubblicitari che annunzierebbero le bellezze del suo mare, la dolcezza dei suoi vini, la bontà del suo pesce, la gloria dei suoi martiri del 1480 e, naturalmente, la meraviglia del suo capolavoro musivo. E Otranto sarebbe piena di librerie e di centres d’acceuil dedicati alla bella opera, con vantaggio – fra l’altro – dell’economia cittadina e della sua immagine. Ma siamo in Italia, siamo in Puglia. È perfino difficile raggiungerla. Dalla stazione di Lecce, non si capisce nemmeno come si fa per arrivare a Otranto. Alla fine si capisce che bisogna fare un biglietto a parte e si sale sul trenino per Maglie, che non è annunziato dai quadri luminosi della sala biglietteria. Poi,a Maglie, si scende, si aspetta un po’ sulle panchine della piazzetta e alla fine una corriera ci porta alla stazione di Otranto ch’è ormai semismantellata. E del mosaico, la rovina del quale era stata denunziata quasi quarant’anni fa da Chiara Frugoni? Notte e nebbia. Non se ne occupa nessuno. Ma, dico, non ci sono un sindaco, un presidente della provincia, un presidente della regione, decine fra assessori e consiglieri, un sovrintendente alle belle arti, uno alle antichità e così via? E le autorità religiose, perché fanno finta di nulla (e poi si lamentano del fatto che le tradizioni languono, che nessuno si ricorda più delle nostre radici, che la nostra identità è minacciata e così via)? E dalle Università vicine – da Bari, da Lecce, da Taranto, da Potenza – che cavolo fanno i medievisti, gli storici dell’arte, gli archeologi? Non gliene frega nulla a nessuno? La vicina Gallipoli ha dato i natali a un illustre politico, un cattolico ch’è stato ministro, e ha «adottato» un diessino che ministro lo è adesso: perché non prendono le loro auto blu e non fanno un salto a Otranto? La Puglia ha mandato ai parlamenti italiano ed europeo parecchi parlamentari: onorevoli, un’interrogazione sullo stato del mosaico di Otranto,gloria dell’umanità, vi costa tanta fatica? Un deputato eletto in Puglia per la Margherita, il mio vecchio amico Khaled Fouad Allam, è musulmano: Khaled, mezzo millennio fa un tuo correligionario, Ahmet Pasha, massacrò ottocento disgraziati idruntini. Prenditi la responsabilità d’un atto riparatorio: occupati del mosaico. E infine, direttore, muoviti anche tu. Il tuo e gli altri giornali pugliesi hanno un dovere preciso nei confronti del patrimonio artistico che va in malora. Fate qualcosa, perdinci.

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