Taranta, occorrono obiettivi condivisi

Donato Margarito: «Taranta, occorrono obiettivi condivisi»

da “La Gazzetta del Mezzogiorno” di mercoledì 6 settembre 2006

Adesso che le luci della ribalta si sono spente ed i clamori del successo assopiti, forse è giunto il momento propizio per ragionare intorno a “La Notte della Taranta”, abbandonando sterili e pretestuose polemiche che non servono a nulla. E’ con queste buone intenzioni che intendo sviluppare le mie considerazioni, precisando che non appartengo né allo schieramento degli apologeti della Taranta e nemmeno a quello dei detrattori ad ogni costo.

Primo punto. Come deve essere concepito lo Statuto per la costituzione della Fondazione de “La Notte della Taranta”? Le autorevoli dichiarazioni che ho sentito quest’anno e anche quelle dell’anno scorso preferiscono un testo agile e non complesso, snello e non burocratico che possa consentire prontezza operativa. Si tratta, come si può notare, di una preferenza talmente generica che la facile condivisione che attira su di sé contiene, però, molti fraintendimenti ed equivoci. Io sono del parere, invece, che lo Statuto deve puntualizzare molto bene gli scopi, che intende perseguire, attraverso una specificazione tematica dettagliata dell’ambito d’azione. Infatti, se nella figura del Direttore Generale, viene concentrato un decisionismo assoluto, è possibile che esso conduca a provvedimenti arbitrari, ragion per cui è consigliabile prevedere un bilanciamento delle posizioni mediante un mandato, almeno di massima, di tipo programmatico. In questo modo si può evitare non solo la degenerazione arbitraria, nella conduzione della Fondazione, ma anche una possibile deriva generalista. Credo, poi, che persino gli aspetti legati alle contaminazioni innovatrici hanno bisogno non di presupposti aleatori e indeterminati, ma proprio di estrema chiarezza. Per questo insisto sull’obiettivo di puntualizzare la pratica della ricerca. Secondo punto. Quando si dice che la Fondazione deve realizzare un Centro di Documentazione, dotato di un archivio multimediale e sonoro sulla cultura salentina di tradizione orale e sul patrimonio etno-musicale ed etno-coreutico, nonché una Biblioteca tematica e storica sulle culture popolari salentine, compresa quella del tarantismo intra-griko ed extra-griko, che cosa s’intende con precisione? S’intende che il compito del Centro è quello di raccogliere i materiali della storia orale e scritta del Salento, sia quelli conservati nel nostro paese che quelli reperibili all’estero, individuarli, catalogarli, classificarli, selezionarli, divulgarli e renderli disponibili alla consultazione pubblica. Non nego che esistano già, nella nostra provincia, archivi attrezzati di tanto materiale recuperato. Probabilmente quello di Melpignano è uno dei migliori tra quelli esistenti. Ma ce ne sono tanti altri, anche privati, pure in possesso di testimonianze pregevoli. La verità è che il materiale popolare è ancora sparso, disseminato in tante fonti, alcune delle quali, persino, non individuate ancora. Ecco perché l’azione di raccolta deve essere sistematica e non incostante, ragion per cui il Centro, che viene proposto, dovrebbe caratterizzarsi come un’enciclopedia delle culture popolari salentine. Per questo motivo io me lo immagino come un’istituzione sovracomunale e collocato in una prestigiosa sede da individuarsi, collegialmente, tra i soggetti della Fondazione. Terzo punto. Sulla ricerca bisogna essere molto chiari. Non sono pochi coloro che sostengono che l’Evento “La Notte della Taranta” abbia assorbito ogni cosa e che, quindi, lo spettacolo e il successo abbiano cancellato alcune legittime esigenze, tra cui la ricerca. A questa obiezione si risponde, scandalizzati, che l’attività di ricerca è stata sempre garantita e che nello Statuto essa, comunque, è menzionata tra gli scopi della Fondazione. Ora, mi sia consentito, su entrambe, di esprimere la mia opinione. E’ vero che lo Statuto fa un esplicito riferimento alla ricerca, ma in una maniera talmente generica che non c’è da stare tranquilli. A ciò, inoltre, va aggiunto che nessun impegno finanziario viene menzionato a suo sostegno. Per quanto concerne l’attività di ricerca, è vero che di tanto in tanto si pubblicano dei libri, ma in qualche caso si tratta di mere operazioni editoriali e, in qualche altro, si potrebbe opinare assai sul taglio scientifico dei contenuti. Ecco perché sono del parere che la ricerca deve essere oggetto di specificazione tematica nello Statuto al fine di consentire al Consiglio di Amministrazione, al Comitato Scientifico e al Direttore di programmare le attività dell’Evento e della ricerca, di conseguenza. L’ideale sarebbe agganciare questo scopo ampio ad un meccanismo di ragionevole ripartizione del finanziamento pubblico. Quarto punto. Nella proposta di questo Statuto, c’è stato di sicuro un deficit di partecipazione, forse anche giustificato da tante comprensibili ragioni. Tuttavia, fa un certo effetto accorgersi che questo testo non ha coinvolto il vasto movimento di associazioni, rete, gruppi, ricercatori, etno-musicologi, scrittori, ricercatori, appassionati, tamburellisti che, da un paio di decenni ormai, si occupano di questo settore con un impegno che non può certo dirsi dilettantesco. Senza il loro apporto di base, io credo che lo Statuto nasca da un’intenzione verticistica e con una vulnerabilità di tipo spirituale. Siamo in tempo, credo, per recuperare questa identità collettiva, non solo nella fase dialogica, quella in cui vanno definiti gli assi statutari della Fondazione, ma anche in quella successiva, di direzione e gestione dell’organismo, ragion per cui non trovo affatto scandaloso che vi siano rappresentanti di questo mondo nella Fondazione. Insomma io non credo che questa dicotomia giovi molto alle politiche culturali pubbliche. Da una parte coloro che si considerano, grazie al successo raggiunto, l’ipse dixit della Taranta e dall’altra quelli del dissenso radicale. Questo deleterio dualismo, io credo, vada superato, attraverso oculate scelte politico-istituzionali, in un progetto in grado di unificare, nei limiti del possibile, le rispettive esigenze, entrambe legittime.

Donato Margarito (Consigliere provinciale di Rifondazione Comunista)

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