Il Sud dolente di Edoardo Winspeare

di Vincenzo Santoro

da www.pizzicata.it dell’8 settembre 2003

miracoloIl nuovo, atteso film di Edoardo Winspeare, Il miracolo, è finalmente in uscita nei cinema italiani, dopo la presentazione alla mostra del Cinema di Venezia, dove ha riscosso un buon successo di critica, ma è stato praticamente ignorato nella premiazione finale (come, del resto, anche gli altri due importanti film italiani in concorso). Il miracolo è, per Winspeare, il terzo lavoro, dopo Pizzicata (1996) e Sangue Vivo (2000), entrambi ambientati nel Salento e profondamente intrisi di atmosfere “etniche”. Questo film è invece ambientato a Taranto, città che il regista definisce “bella e ferita”, dall’incuria degli uomini e dall’essere stata scelta come la sede del più grande stabilimento siderurgico d’Europa, l’Ilva, che da una parte ha dato lavoro, ma dall’altra ha distrutto la bellezza della città e l’avvelena con i miasmi infernali delle sue ciminiere, che, onnipresenti, incombono con la loro inquietante presenza per tutto il film.

Il miracolo è un film spiazzante. Dal titolo – e dal fatto che il protagonista è un bambino – ci si poteva aspettare una storia edificante, infarcita di buoni sentimenti e magari piena della “magia” della terra di Puglia, che in questo momento va tanto di moda. Invece Winspeare sfugge alla rappresentazione da cartolina della sua terra, mettendo in scena una realtà sociale dura, irredimibile, in perfetto allineamento con la devastazione fisica della città, quasi fagocitata dalla grande fabbrica.

La visione pessimistica del regista, che già si esplicitava parzialmente in Sangue Vivo, trova qui una sua rappresentazione estrema. Mentre nel precedente film rimanevano alcuni elementi di speranza, come l’orgoglio “antico” di Zimba, il legame forte fra i due fratelli, la figura del padre, il valore “ancestrale” della musica, nel Miracolo l’unica speranza possibile può venire dal sentimento singolare e disperato che sorge tra Tonio, il bambino “miracolato”, e Cinzia, la ragazza che lo investe e scappa. E forse neanche da quello, perché un finale aperto lascia il dubbio che tutto sia destinato a risolversi in tragedia.

Anche per questo film il regista ha scelto un cast tutto pugliese di bravi attori non professionisti (o al massimo provenienti da esperienze teatrali) che riesce a dirigere con grande maestria. Di particolare incisività la prova dei due protagonisti: il piccolo Tonio (Claudio D’Agostino) e Cinzia (Stefania Casciaro). Strepitosa, come sempre, la fotografia di Paolo Carnera.

Winspeare quindi rifiuta la retorica della Puglia “pittoresca” (proprio lui, che di questa Puglia viene considerato uno dei principali ambasciatori…) e sceglie di indagare nelle contraddizioni di una terra dove la modernità ha prodotto tutte le sue devastazioni fisiche e sociali. Questa scelta forse non piacerà agli amanti della Puglia “esotica” e pacificata della pizzica, del mare e delle orecchiette, ma certamente ci aiuterà a riflettere sul nostro presente difficile.

 

 

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