di Manuela Adamo*, 11 giugno 2017
Affrontare la preparazione di uno spettacolo di musica e danza che ha come principale obbiettivo la rielaborazione e ricostruzione musicale, coreutica e teatrale di un linguaggio che appartiene a codici tradizionali è sempre un percorso pericoloso e difficile, soprattutto se non viene realizzata una ricerca dalla quale prendere spunti per ricostruire ed analizzare i contesti nei quali alcune pratiche popolari hanno acquisito un’identità musicale e coreutica propria, come i possibili nessi di unione con altri territori quando si vuole interagire con altre culture.
La compagnia di Miguel Ángel Berna ha messo in scena da sempre spettacoli che hanno avuto come principale obiettivo l’incontro della jota aragonese(1) con altre realtà musicali e culturali, come il flamenco o l’affascinate mondo arabo; 12 anni di spettacoli (Solombra, Mudejar, Bailando mi tierra, Savia nueva, Encuentros…) intorno a musiche e danze che si sono alternate nella penisola iberica, ancora vive nella memoria popolare e che hanno condiviso momenti di incontro e distanza nel trascorrere dei secoli.
Il 2012 è stato per noi l’anno del “cambiamento”: nasce l’esigenza di cercare ed approfondire argomenti nuovi per la creazione di un ulteriore spettacolo, così siamo stati spinti a volgere lo sguardo al di là del mare, in un momento in cui la questione “corona de Aragón” tornava in voga in spagna, purtroppo per le contese politiche che riguardano l’eterna lotta tra Aragona e Catalogna.
C’è da dire che per quanto io osservassi nei gesti, nei costumi e nella danza della jota una certa somiglianza con le nostre tarantelle del sud Italia non avrei mai immaginato che potessero essere legate da un passato storico comune e nemmeno che nel territorio aragonese il tarantismo fosse stato così presente tanto quanto nel territorio italiano.
La letteratura dedicata al tarantismo spagnolo sembra indicare che il fenomeno nella penisola iberica sia apparso molto tardi (alla metà del XVIII secolo), raggiungendo l’apice dei casi studiati a metà del XIX secolo; nelle prime ricerche, realizzate con il materiale disponibile in rete, si poteva solo costatarne la presenza in molte regioni della Spagna, sempre associato al rimedio musicale della tarantella. Pochi invece i contributi tra l’ultima metà del 1800 e il XX secolo, rintracciabili principalmente in riviste scientifiche che riportano alcune testimonianze sull’apparire del fenomeno. In particolare nessun riferimento fino al 1948 per quanto riguarda casi riscontrati nella regione aragonese.
Il punto di partenza della nostra ricerca è stato il saggio dell’etnomusicologo tedesco Marius Schneider, La danza delle spade e la tarantella(2), nel quale la jota e la tarantella vengono messe in relazione come rimedi musicali per il morso della tarantola. Dopo questa prima scoperta, la documentazione che ci apre il cammino per approfondire l’argomento è un breve saggio di Maria Tausiet (3) nel quale l’autrice raccoglie la testimonianza di due anziane della località di Fraga che ricordano la famosa fiesta de la tarantula.
Un po’ per testardaggine, n po’ per curiosità decidemmo di fare un piccolo tour per alcuni paesini dell’Aragona, iniziando proprio da Fraga e cercando di localizzare le due anziane signore, impresa a dire la verità non molto difficile considerando che in paese il ricordo della fiesta de la tarantula continua ad essere largamente presente nella memoria di molti anziani: a Fraga l’ultimo tarantato è morto nel 2000 e l’ultima fiesta è stata celebrata nel 1968.
Considerata la quantità di episodi riferiti in questo luogo non ci sarebbe stato bisogno di cercare altrove e sicuramente il caso di questa piccolissima località nel cuore del deserto monegrino meriterebbe uo studio approfondito: perché non sia stato fatto è per noi ancora un mistero, dal momento in cui non mancano certo antropologi, alcuni aragonesi, che riconoscano l’importanza del tarantismo come oggetto di studio.
Le vere sorprese nella nostra ricerca sono però posteriori a questa prima presa di contatto col territorio fragatino: mesi dopo la realizzazione della prima intervista, in un altro paesino della provincia di Teruel, Alcaine, abbiamo potuto raccogliere preziosissime testimonianze di anziani che ricordano i tanti casi di tarantati, uomini e donne, e notizie sul musico responsabile della terapia, José Martín, famoso in tutta la zona, sepolto con la sua chitarra proprio in ricordo del prezioso servizio prestato a tutti i cittadini di Alcaine e dintorni. L’ultimo episodio di tarantismo risale qui a poco più di 25 anni fa e ne abbiamo ricevuto testimonianza dalla nuora dell’anziana signora, che in questo caso venne punta da uno scorpione (regalatoci, vedi foto), che ancora conservava.
Nessun indizio, invece, faceva pensare che nella località di Sariñena, il paesino di cui riferisce Schneider, potessimo ancora trovare delle tracce di quella importante testimonianza dell’etnomusicologo tedesco. Grazie ad alcune interviste trasmesse in tv (non sempre la televisione fa danni) arriva la chiamata al telefono che avrebbe cambiato tutto il percorso della ricerca portata avanti sino ad allora. Come per arte di magia i protagonisti, ovvero i musici con i rispettivi familiari della zona di Sariñena, erano quasi tutti vivi e vegeti, e stavano trascorrendo gli ultimi anni della loro vita nelle duecliniche geriatriche della zona.
Abbiamo così ritrovato il famoso violinista, Eli Periz della famiglia “Cartajena”, la cantante e sua sorella. Arrivati appena in tempo! Un mese dopo l’intervista, la protagonista assoluta, la signora Mir Sanchez “la cantadora” ci abbandonava. Anziani di 90 e 92 anni, lucidi e con tanta voglia di essere ascoltati, come se nella loro storia ci fosse un messaggio di forza per queste nuove generazioni, un esempio di sopravvivenza, un esempio nel quale l’amore e l’unione sono le armi più forti quando la miseria è insopportabile. Ricordi vividi di uomini e donne morsi dalla tarantola, del loro movimento frenetico, del rimedio musicale come unica salvezza, testimonianze che non solo ricordano il tarantismo salentino ma sembrano esserne speculari.
Ad oggi continuiamo le ricerche e prepariamo tutto il materiale raccolto per poterlo nell’immediato futuro renderlo fruibile.
Arrivata a questo punto, voglio ricordare il compianto Sergio Torsello, che lungo tutto il percorso descritto ha avuto un ruolo molto importante: a lui dobbiamo buona parte di queste scoperte. Se non fosse stato per la sua insistenza, per il suo spronarmi a muovermi sul territorio, oggi non ci sarebbe nulla di quanto scritto; mi sento orgogliosa di non essermi rassegnata quando tutto sembrava non esistere, quando tutti dicevano di non saperne nulla. Questo lavoro sarà sempre un nostro omaggio alla sua memoria, ringraziandolo costantemente per avermi fornito consigli su come affrontare una ricerca che sembrava inizialmente persa.
* Nata a Roma nel 1977, Manuela Adamo è ballerina e condirettrice della Compagnia di Miguel Angel Berna nella quale si occupa anche della produzione artistica e tecnica di tutti gli spettacoli. Impegnata nello studio di alcune danze tradizionali spagnole , italiane e mediorientali e la loro riproposta teatrale. Attualmente iscritta alla facoltà di antropologia sociale e culturale per la Uned, sta finalizzando un master in naturopatia e terapia del suono
(1) dal verbo xotar/ saltare, è un linguaggio coreutico musicale che appartiene alle tradizioni popolari spagnole, definito da un ballo di coppia, che, in forme diverse, è presente in quasi tutte le regioni della penisola. Cantata e ballata con l’accompagnamento delle nacchere, la jota aragonese è tra la più conosciute. Per approfondimenti: Javier Barreiro Bordonaba, La Jota Aragonesa. Zaragoza, CAI-100, 2000, e dello stesso autore Biografía de la jota aragonese , Mira Editores, S.A 2013.
(2) SCHNEIDER, Marius, La danza de espadas y la tarantela. Ensayo musicológico, etnográfico y arqueológico sobre los ritos medicinales, Barcelona, 1948. Una nuova edizione del volume è stata pubblicata nel 2016 dalla Istituzione Ferdinando il Cattolico e dell’Istituto Spagnolo di Etnomusicologia, a cura di Manuela Adamo e Jaime Parra
(3) TAUSIET, María, La fiesta de la Tarántula: júbilo y congoja en el Alto Aragón, Revista de Dialectología y Tradiciones Populares, Vol. 64, Madrid, 2009.
In Italiano, per i testi storici sul tarantismo spagnolo, possiamo almeno ricordare: Marius Schneider, La danza delle spade e la tarantella. Saggio musicologico, etnografico e archeologico sui riti di medicina, Ghibli 2014 (ne esiste una edizione precedente, del 1999, pubblicata dall’editrice Argo di Lecce, a cura di Pierpaolo De Giorgi), e Don Pedro Francisco Doménech Y Amaya, Indagine su un uomo morso dalla tarantola, Sellerio, 1998 (ed originale 1792). Inoltre si possono segnalare anche: Pilar León Sanz, La tarantola spagnola. Empirismo e tradizione nel XVIII secolo, Besa Editore, 2009 e Bruno Casciano, Tarantole, tarantolati e tarantelle nella Spagna del Siglo de oro, Elison Publishing, 2015.