Memorie (fertili) di un’altra Italia

recensione di Grazia Tuzi, Quando si faceva la Costituzione. Storie e personaggi della comunità del porcellino, Il Saggiatore

di Sergio Torsello, da Anci Rivista, maggio/giugno 2014tuzi

C’è una casa nel cuore di Roma con una storia strepitosa da raccontare. Una storia che ci riporta a un tempo lontano in cui la politica era un’arte “nobile, povera di mezzi ma ricca di passione e tensione morale. In via Chiesa Nuova, nell’immediato dopoguerra, vivevano le sorelle Pia e Laura Portoghesi, che avevano fatto dell’ospitalità e dell’accoglienza il loro personale contributo alla ricostruzione morale e civile del paese. Già durante l’occupazione tedesca avevano ospitato ebrei e perseguitati del regime. Ma è negli anni della Costituente che la loro casa diventa il punto riferimento della “sinistra democristiana”. Sono anni in cui fare politica costa sacrifici. I viaggi e i soggiorni a Roma sono difficili e costosi. La prima ad arrivare è Laura Bianchini, esponente di spicco della Resistenza cattolica in Lombardia, deputata della Costituente. Nel giro di pochi mesi arriveranno tutti gli altri: Giuseppe Dossetti, Giorgio La Pira, Giuseppe Lazzati, Amintore Fanfani, Angela Gotelli, giovani e meno giovani raccolti attorno al carisma di Dossetti, mente e “anima” della sinistra democristiana. Chiamati a ricostruire l’Italia. Nacque così la “comunità del porcellino”, ironico riferimento all’intercalare della Bianchini (“sei un porco”), ma anche al fatto che la carne era merce rara e quando uno degli ospiti si presentò con un porcellino farcito, l’iniziativa venne salutata con una cerimonia. Al di là dell’ironia, peraltro in contrasto con l’etichetta di “conventino” che gli avversari avevano affibbiato al gruppo, la comunità fu il “crogiuolo – scrive Ermanno Dossetti – dello spirito e delle idee che essi portano nell’Assemblea costituente”. Chi volesse rivivere la febbricitante atmosfera di utopie, passione e impegno civile può leggere il bellissimo memoir di Telemaco e Grazia Tuzi, padre e figlia, nipote e pronipote delle sorelle Portoghesi, dal titolo Quando si faceva la Costituzione. Storie e personaggi della comunità del porcellino, Il Saggiatore, 2011. Storia di una casa e dei suoi ospiti, di una stagione politica irripetibile e ricca di speranze, in un mirabile intreccio di “microstoria” e grande storia. Tra le mura di questa casa nacquero esperienze seminali come la rivista “Cronache sociali” che per cinque anni fu la voce dell’ala dossettiana della democrazia cristiana. E sempre in questo scenario si consumò  il dissidio , ormai insanabile, del gruppo dalla Dc di De Gasperi. Rilette oggi fanno quasi sorridere le parole con cui Dossetti si dimise da parlamentare, nel 1951, perché impossibilitato “a partecipare ai lavori della Camera e in generale all’attività parlamentare” e fa quasi commuovere il fervore con cui La Pira invitava i suoi amici ad “amare veramente i poveri, il documento vivente, doloroso, di una inequità e di uno squilibrio tremendo”. Storie che sembrano giungere da un mondo lontano, se confrontate con quelle che affollano le cronache politiche contemporanee. Memorie (fertili) di un’altra Italia, dei suoi figli migliori, che in quest’epoca di “passioni tristi”, bisognerebbe riscoprire come una salutare boccata di ossigeno dopo una lunga asfissia. Nel 1951 Dossetti si ritira dalla politica, La Pira diventa sindaco di Firenze, più tardi Lazzati torna all’insegnamento. Qualche tempo dopo la “comunità del porcellino” di fatto si scioglie. La parabola del “dossettismo” imbocca la strada di un progressivo declino. Resta lo spirito autentico di una esperienza fatta di sobrietà e rigore morale, che interpreta l’attività politica come un “servizio alla comunità nazionale”. Ha ragione Tomaso Montanari, nel suo recente, vibrante “dizionario civile”, “Istruzioni per l’uso del futuro”, a sostenere che abbiamo disperatamente bisogno di riprendere “lo spirito della Costituente e soprattutto quello sguardo felicemente presbite, libero dall’angoscia del presente e capace di guardare lontano, se vogliamo rompere l’opprimente stato delle cose nell’Italia di oggi”. In via della Chiesa Nuova in  quegli anni si lavorava  a ricostruire il Paese, coltivando l’aspirazione a farne una “comunità solidale”, fondata sui principi di giustizia, libertà e democrazia. Ricordarlo oggi non significa attardarsi nella “rievocazione di un paradiso perduto” – come scrive Paolo Prodi nell’introduzione al volume – ma indicare “un punto da cui riprendere il cammino”.

Le recesione è una versione più ampia di quella pubblicata in Anci Rivista.

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