di Vincenzo Santoro
da Il Paese Nuovo, 20 aprile 2011
La Sardegna, storico crocevia del Mediterraneo, è uno dei territori di maggiore persistenza dei canti polivocali di tradizione orale. In tutta l’isola permane ancora viva un’imponente testimonianza dei repertori legati alla cultura liturgica e musicale, a partire proprio dai suggestivi rituali connessi alla Settimana Santa, che sono in molti luoghi caratterizzati dalle straordinarie esecuzioni corali, di grande forza espressiva e di intensa drammaticità.
Il luogo in cui forse i riti della Settimana Santa si sono conservati più intensi e vivi è Castelsardo. Lo splendido borgo medievale, incastonato su un promontorio lungo la costa settentrionale dell’isola, ogni anno è teatro di una sacra rappresentazione, “un’azione drammatica divisa in tre atti, in cui la musica e l’azione sono gli unici mezzi espressivi utilizzati” (Pietro Sassu), che si svolge nei giorni di lunedì, giovedì e venerdì precedenti la Pasqua. Ma il momento più suggestivo di questi riti, vissuti da tutta la comunità con una partecipazione intensa e commossa, è sicuramente la processione – o meglio la lunga sequenza di processioni e di altri momenti fortemente ritualizzati, dall’alba alla mezzanotte – del “Lunissanti”, in cui si celebrano i Misteri, esibendone i simboli, e che si snoda prima dalla chiesa di Santa Maria alla Cattedrale, poi dalla Cattedrale alla vicina abbazia di Tergu, e infine con il ritorno al paese, le cui vie sono illuminate solo dalla luce delle torce.
Oltre ad un articolato allestimento “scenico”, questo grande apparato devozionale è caratterizzato dai bellissimi canti polivocali (di argomento religioso, come ad esempio lo “Jesu”, il “Miserere” e lo “Stabba”), eseguiti da tre cori composti da quattro voci ciascuno (“bassu”,” contra”, “bogi” e “falzittu”). Ne assumono l’organizzazione e la realizzazione i confratelli dell’Oratorio Santa Croce, e parteciparvi è un privilegio, specialmente per coloro che vengono scelti – con una selezione molto severa, perché i canti presentano notevoli difficoltà esecutive – nel prestigioso ruolo di cantori. In occasione delle esecuzioni dei canti più espressivi, la fusione delle quattro voci ne produce una quinta, detta appunto la “Quintina”.
Nella intensa giornata del Lunissanti, dopo la cerimonia nell’abbazia di Tergu, è previsto anche un momento di riposo e di svago, in una singolare alternanza di sacro e profano. Nelle campagne attorno all’abbazia si consuma il pranzo e si svolge una vera e propria festa, in cui vengono eseguiti gli immancabili canti sardi, e in particolare il più antico canto castellanese, “La bogi a passu”, che accompagna il ballo sardo.
A tarda notte, al termine dell’ultima processione, si svolge la cerimonia dell’ultima cena nella casa del priore, che conclude la giornata. Sono ammessi alla mensa gli attori della rappresentazione, il parroco e il Vescovo, la cui partecipazione segnala la “funzionalizzazione rituale del risvolto festoso del Lunissanti” (Sassu). Gli altri membri della Confraternita, i parenti e gli amici, entrano alla fine del banchetto, quando il Vescovo, al canto del “Te deum”, si allontana..
Abbiamo posto alcune domande sulla straordinaria ritualità castellanese a Bernard Lortat-Jacob, direttore di ricerca al Centre National de la Recherche scientifique e responsabile del Laboratoire d’etnomusicologie du Musée de l’Homme a Parigi, che da diversi anni conduce studi sulle tradizioni musicale sarde. Nel 1996 ha pubblicato per i tipi della Libreria Musicale Italiana Canti di Passione. Castelsardo, Sardegna.
La Sardegna è una regione particolarmente ricca di repertori musicali associati ai riti della Passione. Quali sono le caratteristiche che distinguono i canti di Castelsardo da quelli di altri luoghi?
A Castelsardo la responsabilità dei canti è affidata a una Confraternita – chiamata “L’Oratorio” – che, a differenza di quello che succede nel resto della Sardegna, è in piena funzione, e svolge vari compiti connessi alla vita reale della comunità, che riguardano non solo i riti della Settimana Santa, ma anche altre cose molto importanti, come l’accompagnamento – con l’esecuzione di canti – dei morti al Camposanto. Queste attività, che sono molto impegnative per i confratelli, danno una natura un po’ particolare alla Confraternita.. Farne parte è un grande onore, ma anche un grande sacrificio. Essa si caratterizza come una piccola comunità, in cui si passa molto tempo insieme, si canta, ma anche si discute tanto, si litiga persino. Questo microcosmo, che esiste da secoli, è riuscito a garantire la sopravvivenza di un repertorio di canti straordinario.
Canti che sono uno splendido esempio di repertorio sacro che si è conservato sostanzialmente integro per molti secoli, nonostante la sua trasmissione sia avvenuta secondo le modalità della “tradizione orale”, che invece tende a imporre continue modifiche e varianti. Come si spiega questa contraddizione?
La tradizione orale è molto fragile e molto forte allo stesso tempo: non c’è la scrittura musicale, ma richiede un consenso sociale, e ciò crea dei limiti alle innovazioni che i cantori possono portare nell’espressione della loro personalità. È come un monumento, che non si può cambiare facilmente. Se un cantore in qualche modo “va oltre”, viene messo da parte, e lo stesso avviene se non si impegna abbastanza Il repertorio di Castelsardo è molto antico, risale probabilmente alla fine del XVI secolo, ed è basato sul “falsobordone”, una forma di polifonia a quattro voci che si diffuse nei canti sacri a partire dal Concilio di Trento. I confratelli si sono appropriati di questa tecnica, rielaborandola, sviluppandone progressivamente l’espressività fino a farla diventare un vero capolavoro. E questo attraverso un processo che è appunto tipico della tradizione orale: i cantori si mettono in competizione tra di loro per abbellire i canti, modificandone la modulazione, imponendo lunghe durate, inserendo passaggi sempre più “virtuosistici”, fino ad arrivare quasi alla perfezione. In un certo senso questi canti sono stati creati dalla “passione” dei confratelli.
Questa esperienza straordinaria è ancora oggi in buona salute?
Oggi ci sono delle difficoltà, dovute un po’ alla spettacolarizzazione dei momenti rituali, ma soprattutto alla difficoltà di conciliare i sacrifici che impone l’appartenenza alla Confraternita con i ritmi della vita moderna. Per partecipare pienamente alla vita dell’Oratorio, e onorare tutti gli impegni che ciò comporta, un confratello dovrebbe impiegare circa il 20% del proprio tempo. E questo è difficile nei tempi moderni.
A questo indirizzo, dalla Sardegna Digital Library, un bellissimo documentario del 1981 sul “Lunissanti” di Castelsardo, a cura di Pietro Sassu: www.sardegnadigitallibrary.it/index.php?xsl=626&id=125829
A questo indirizzo, la seconda parte, sulle processione del giovedì e il venerdì (La Prucessioni e S’Iscravamentu): www.sardegnadigitallibrary.it/index.php?xsl=626&id=125834