da carta.org
Gli interventi di Franco Cassano, Maurizio Merico, Giovanni Pizza, Alessandro Portelli, Luigi Piccioni, Roberto Raheli, Giuseppe M. Gala e le interviste a Clara Gallini, Edoardo Winspeare e Sergio Blasi, sono i contributi di un testo, appena pubblicato, che cerca di dare una lettura del “movimento della pizzica”, dei luoghi che lo hanno cullato e delle identità che lo animano.
Come scrivono i due curatori, Vincenzo Santoro e Sergio Torsello, “viene fuori una ricostruzione ricca ed eterogenea”, che più che dare definizioni chiuse pone interrogativi e questioni da analizzare. Cassano, ad esempio, parla di moltitudini improbabili e comunità possibili, che diano ragione di un ritorno alla tradizione che non è neocampanilismo, o vittoria della nostalgia o regressione, ma l’occasione per “custodire confini, rendendoli aperti, flessibili e creativi”. E per farlo è necessario, come scrive Portelli, capire il rapporto tra le pratiche attuali della “pizzica” e la memoria storica dei salentini, affinchè sia chiaro “che la taranta è viva e non è morta, ma nessuno può presumere di sapere come è fatta e dove s’è andata a mettere”. Magari i morsi sono quelli della modernità e del progresso, con una diversa sofferenza e cura da trovare. Partire dalla “pizzica”, significa, per il Meridione, capire i meccanismi che sottointendono alle dinamiche della produzione culturale o i rischi che ci sono nella riscopertadelle identità locali, come è sottolineato in altri interventi. Un nuovo modo di sentire la dimensione politica e i luoghi che la creano, per avere “un rapporto più ricco e ‘creativo’ tra passato e futuro”.