Le terra del rimorso dei Pupi e Fresedde: forse il primo disco “tarantelloso” (1979)

LaTerraDelRimorso_cover-1024x1024Circa 40 anni fa, usciva  per la casa discografica Divergo di Milano (e distribuito da Polygram), un interessantissimo disco, dei Pupi e fresedde, gruppo avente base a Firenze ma con forti radici meridionali. Il vinile già dal titolo (La terra del rimorso) e dalla copertina (che riportava un particolare di una famosa illustrazione tratta da uno dei libri dedicati al tarantismo dell’erudito gesuita Athanasius Kircher, la Phonurgia Nova del 1673), dichiarava la sua evidente connessione con l’enigmatico fenomeno pugliese e con lo studio che il grande antropologo Ernesto de Martino vi aveva dedicato, confluito come è noto nel saggio La terra del rimorso, edito da Il Saggiatore nel 1961.

Il gruppo Pupi e Fresedde, una “compagnia di musica e teatro popolare”, era stato fondato a Firenze nel 1976 dal toscano Angelo Savelli, appassionato di teatro popolare, proveniente dal “Granteatro” di Carlo Cecchi, e da Pino de Vittorio, giovane cantante pugliese destinato ad una lunga e luminosa carriera. A questa impresa vengono chiamati a collaborare alcuni giovani e talentuosi artisti d’origine meridionale.

Nel marzo 1977 il gruppo comincia la sua attività con uno spettacolo intitolato appunto La terra del rimorso, che, partendo da una prima programmazione in una importante rassegna fiorentina a Palazzo Pitti, riscuoterà lusinghieri apprezzamenti e numerosi inviti in prestigiosi rassegne e festival internazionali.  La loro produzione, in quella fase, è caratterizzata da spettacoli fortemente orientati alla cultura popolare meridionale, con particolare attenzione alla musica di tradizione, al canto, alla danza e al dialetto.

Sull’onda dello spettacolo teatrale, nasce il lavoro discografico, che, come affermano le note interne del disco, intende «ripercorrere il viaggio di Ernesto de Martino nella cultura popolare del Meridione, sulla base del suo libro “La terra del rimorso”». Dunque, uno spettacolo e un disco costruito anche sulla base delle «testimonianze» e del «materiale sonoro raccolto in Puglia dai Pupi e Fresedde», che intende trattare tematiche come «il fenomeno del tarantismo, la condizione della donna nel Meridione, la ritualità delle rappresentazioni popolari».

In realtà dalle canzoni contenute nel disco appare evidente che oltre ad effettuare ricerche proprie, i componenti del gruppo avevano avuto modo di ascoltare e studiare anche le registrazioni storiche condotte dai grandi ricercatori nel Sud Italia nel corso degli anni ’50 e ’60 (in particolare Diego Carpitella e Alan Lomax): anche se, analogamente ad altri prima e dopo di loro, ciò non viene dichiarato, alcuni brani hanno evidentemente proprio quella provenienza.

Il lavoro inizia in maniera emblematica con il celebre Antidotum Tarantulae pubblicato sempre da Athanasius Kircher a metà del XVII secolo, in quello che è il primo corpus che ci è stato trasmesso di trascrizioni di musiche usate – almeno questo ci dice l’erudito gesuita – per la cura del tarantismo. Seguono una serie di canti e di pizziche pizziche – in gran parte provenienti dai territori dell’alto Salento e del tarantino (tranne la scoppiettante Pizzica tarantata col violino, che pare invece di ispirazione basso-salentina), alternate con brani lucani (Fronni d’alia), del Gargano (Alla Carpinese, Tarantella di Sannicandro, Pizzitana) e calabresi (Frasca), a comporre un lavoro discografico decisamente intrigante. Non manca un brano “antico” come la Moresca che suonata in un arrangiamento originale del gruppo.

Comunque sia, ad un ascolto contemporaneo il disco appare ancora bello, interessante e godibile, e per alcuni aspetti straordinariamente in anticipo sui tempi. In quel periodo un progetto musicale così chiaramente ispirato al tarantismo e all’opera di de Martino non era per niente scontato (penso che sia il primo del genere), e la centralità attribuita nel repertorio alle pizziche pizziche e alle tarantelle – che ad esempio non c’era nei gruppi salentini di quegli anni, a cominciare dal Canzoniere Grecanico Salentino, che nel suo disco del 1977 ne inserisce ‘solo’ una – è una notevole sorpresa. Anche gli arrangiamenti, per molti aspetti molto vicini al lavoro che in quegli anni svolgevano la Nuova Compagnia di Canto popolare di Roberto de Simone e i Musicanova di Eugenio Bennato e Carlo D’Angiò, suonano ancora, a parte forse delle ingenuità su alcune parti vocali, assolutamente freschi e stimolanti.

Per sottolineare il valore “seminale” di questo disco, occorre infine ricordare che i brani di cui è composto – e direi anche l’approccio musicale complessivo – sono stati ripresi successivamente più volte da molti artisti (a cominciare dallo Stesso Pino Di Vittorio, che nei suoi spettacoli e nei suoi dischi ne ha spesso reinterpretato alcuni pezzi).

I Pupi e Fresedde:

Tomasella Calvisi – castagnette, voce; Ivan De Paola – mandoloncello, tamburello, voce; Giuseppe Di Vittorio – voce; Giovanni La Barbera – chitarra, mandoloncello; Alfonso Nicotera – violino, mandolino; Carlo Nuccioni – fisarmonica, organetto; Fulvio Sebastio – chitarra, chitarra battente, tamburello, voce; Luciano Valvolo – flauti dolci, flauto traverso, ottavino, tamburello; Angelo Savelli – direzione artistica.
La terra del rimorso (1979)

Lato A

Antidotum tarantulae (strumentale) 4.20
Pizzica pizzica 3.17
Tu bella ca lu tieni lu pettu tunnu 3.18
La zita passa 2.38
Tarantella di San Michele 3.23
Fronni d’alia 4.04

Lato B

Pizzica tarantata 5.28
Alla Carpinese 3.17
Tarantella di Sannicandro 2.58
Moresca (strumentale) 2.50
Pizzitana 3.00
Frasca 3.08

Il disco si può ascoltare per intero cliccando qui

Inoltre è possibile acquistare il vinile, a questo link: http://www.alabianca.it/store/divergo/la-terra-del-rimorso/

Per maggiori informazioni sull’argomento si rimanda all’articolo di Giovanni Fornaro Il folk revival di Pino De Vittorio, in Goffredo Plastino (a cura di), La Musica Folk. Storie, protagonisti e documenti del revival in Italia, pp. 755-766, Il Saggatore 2016

 

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