La casa editrice Les Flâneurs di Bari ha da poco dato alle stampe Chiara Samugheo. Un’amazzone della fotografia, volume (a cura di Daniela Ciriello, Germana Ciriello, Piero Fabris e Renato Longo) che vuole essere un omaggio ad una delle più grandi fotografe italiane del Dopoguerra, originaria del capoluogo pugliese, dove era nata nel 1935. Specializzata in ritratti di stelle del cinema, genere per cui diventò nota ed estremamente ricercata, la Samugheo, da giovanissima, lavorò per una importante rivista del Neorealismo italiano, Cinema nuovo, per cui eseguì nel giugno del 1954 un servizio fotografico (che poi fu pubblicato nel numero di gennaio 1955 della rivista) che documentò per la prima volta la dolente e drammatica fase conclusiva del rito del tarantismo a Galatina, con straordinarie immagini di donne e uomini all’esterno e all’interno della Cappella di San Paolo.
Queste fotografie, già riportate in Immagini del tarantismo. Galatina: il luogo del culto (libro uscito nel 2002 per Capone editore a cura di Luigi Chiriatti e Maurizio Nocera, che riporta anche una breve interessante intervista alla Samugheo), erano state esposte a Bari nel 2013, presso la Sala del Colonnato della Provincia di Bari, in una mostra intitolata Il sud nella realtà delle tonalità emotive. Da quella importante iniziativa scaturisce in qualche modo anche il volume appena pubblicato da Les Flâneurs che intende, come indica Claudio Pastrone nella postfazione, «entrare nella prima fase dell’esperienza fotografica dell’autrice», quella «dei fotodocumentari in bianco e nero sulla realtà italiana degli anni Cinquanta».
Il libro, che comprende diverse decine di fotografie in fascinoso bianco e nero, è arricchito anche da diversi saggi, fra cui spicca Il fotoreportage sul tarantismo realizzato da Chiara Samugheo di Sergio Torsello. Lo studioso salentino, che aveva già recensito la mostra barese in un articolo pubblicato dal Nuovo Quotidiano di Puglia di lunedì 11 marzo 2013, analizza lo splendido lavoro della Samugheo (che il volume presenta in una selezione di fotografie molto più ampia, e con significative varianti, rispetto a quelle pubblicate nel 1955 e nel 2002) nel quadro della “riscoperta del Sud”, del suo popolo e dei suoi riti, che avviene nel Dopoguerra, in seguito anche all’acceso dibattito seguito alla pubblicazione di Cristo si è fermato a Eboli di Carlo Levi, in cui un ruolo fondamentale hanno il cinema e la televisione. Soffermandosi in particolare sul Salento, Torsello cita alcune tappe di questa riscoperta, come il resoconto del viaggio verso “finis terrae” di Anna Maria Ortese pubblicato nel 1951 su Noi Donne, il reportage, pubblicato sempre lo stesso anno su Epoca, di Alfonso Gatto, che attraversò la Puglia, dal Gargano al Salento, il viaggio di Alan Lomax e Diego Carpitella del 1954 a “caccia di canzoni popolari”, l’attenzione “poetica” di Ingeborg Bachmann che confluirà nella poesia Apulia, contenente un esplicito riferimento alla tarantola, le foto sul tarantismo del 1957 di André Martin, il Viaggio in Salento compiuto nel 1958 da Maria Brandon Albini, per arrivare alla mitica indagine di Ernesto de Martino dell’estate del 1959, i cui risultati confluiranno nel capitale saggio La terra del rimorso. Il testo demartiniano, come è noto, produrrà un proliferare di inchieste, saggi e documentari, che per tutti gli anni Sessanta e oltre continueranno a restituire l’immagine di un Salento “magico” certamente ricco di fascino e suggestione, ma che, come Torsello fa notare col consueto sguardo critico, lo imprigionano «in un tempo astorico che non conosce mutamenti, in aperto contrasto con una terra ribollente di lotte bracciantili e occupazioni delle terre che quasi mai, però, conquista la scena».
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