Le magiche avventure dell’Odin, indifesi nella piazza della vita

26di Laura Mangialardo, da Qui Salento, 1-15 luglio 2017

E’ una vera emozione leggere queste pagine e scoprire un Salento anni ’70 più vivo del previsto. Un’emozione scoprire le fantastiche avventure dell’Odin Teatret e la puntata salentina, leggere le parole di Eugenio Barba nell’introduzione di Odino nelle terre del rimorso. Eugenio Barba e l’Odin Teatret in Salento e Sardegna e rivivere un’esperienza affascinante come quella raccontata egregiamente da Vincenzo Santoro.

Barba, protagonista principale di questa storia, la racchiude in due righe e la definisce come uno stacco incerto dal prestigioso palco dei teatri per un incognito inoltrarsi “indifesi nella piazza della vita”. “Nel Salento”, scrive ancora il regista, “sono nato due volte. Quando i miei genitori mi diedero alla luce, e quando professionalmente vidi venire alla luce un nuovo senso e possibilità di fare teatro insieme ai miei attori”. Il racconto della stessa vita di quello che è considerato l’ultimo maestro occidentale vivente, non può che risultare affascinante: lui, salentino d’origine, che si fa pioniere temerario dell’espressione dell’anima attraverso il corpo. Dolci e malinconici sono i quadri che emergono dal suo ricordo salentino e colpiscono quelle “donne nere e quei bambini magri, senza scarpe, che cantavano” perché con le loro “voci argentine” indicassero la direzione ai padri pescatori che erano in mare.

Poi i suoi viaggi nel mondo e la nascita a Oslo dell’Odin Teatret. Santoro ricostruisce non solo parte della storia della compagnia, principalmente nelle vesti di Eugenio Barba, ma anche quella residenza teatrale che ha dato vita a un nuovo modo di fare teatro. Nell’esperienza leccese compaiono, tra gli altri, i nomi di Rina Durante, Gino Santoro, Giuliano Capani. “L’immobilità dei corpi e l’immobilità dei discorsi” della gente del Sud si rompe così anche grazie all’aiuto degli intellettuali salentini in grado di far nascere qualcosa di buono. In quelle terre lontane da tutto, in cui la pizzica era quasi messa in cantina perché non si mostrava, e le origini contadine non erano poi tanto motivo d’orgoglio, quanto avrà influito l’arrivo di Odino per una nuova consapevolezza del sé? Per un nuovo orgoglio meridionale? Chissà quanto i salentini o i sardi della Barbagia abbiano appreso da questa esperienza, quanto li abbia coinvolti e stravolti.

Tutto però si traduce in un simbolismo che pur venendo da parti opposte della terra e del pensiero, si ritrova a essere stranamente molto simile. L’antico tarantismo e quella voglia di innovativa e moderna di liberare il corpo dell’Odin Teatret sembrano, a tratti, quasi la stessa storia raccontata con due lingue diverse. Il confronto fra le due culture è inevitabile eppure naturale per a gente del luogo. Così come spontaneo appare il dono che tra le parti si scambia in questa esperienza. il “baratto culturale” è dunque il naturale succo di questa esperienza, un vero e proprio scambio, che come si può leggere nel libro, avviene in modo quasi inconsapevole tra gli attori del teatro e gli attori della vita reale e delle strade.

Questo scrupoloso lavoro in formato anche multimediale con foto e dvd, è una ricerca e al tempo stesso un racconto di una storia nuova.

Tutte le info sul libro (con le date delle presentazioni) si possono trovare qui: http://lnx.vincenzosantoro.it/2017/06/07/odino-nelle-terre-del-rimorso/

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