Barba, l’Odin e la terra del rimorso

16Un saggio di Vincenzo Santoro racconta l’esperienza del gruppo danese tra il 1973 e il 1975 nel Salento e in Sardegna

di Eraldo Martucci, dal Nuovo Quotidiano di Puglia del 30 giugno 2017

Nato a Brindisi da genitori originari di Gallipoli, dove ha trascorso la sua infanzia, Eugenio Barba, nella sua attività ormai più che cinquantennale con l’Odin Teatret da lui fondato a Holstebro, in Danimarca, è riconosciuto come uno dei più importanti protagonisti del teatro di innovazione e di ricerca a livello internazionale.

Dal 1973 al 1975 Eugenio Barba e l’Odin Teatret si trasferirono, a più riprese e per lunghi periodi, in Sardegna e nel Salento, con l’intento di portare il teatro in “luoghi senza teatro”, a contatto con popolazioni che abitualmente non ne fruivano. I paesi salentini coinvolti in quell’esperienza furono, oltre a Lecce, Calimera, Castrignano dei Greci, Copertino, Cutrofiano, Galatone, Martano, Pisignano, San Cesario, Serrano, Sogliano Cavour, Soleto e Monteiasi in provincia di Taranto. A ricostruire ora quel suggestivo biennio è l’interessantissimo libro Odino nelle terre del rimorso. Eugenio Barba e l’Odin Teatret in Salento e Sardegna (1973-1975) di Vincenzo Santoro, impegnato da anni nella riflessione e nell’organizzazione di iniziative ed eventi sulle musiche e sulle culture popolari del Mezzogiorno.

Santoro, come è nata l’idea di raccontare queste due straordinarie “avventure”?

Il primo interesse per queste storie mi è venuto quando stavo scrivendo il mio libro precedente, “Il ritorno della taranta”, dove, partendo da alcune informazioni lacunose, accennavo alla venuta di Barba a Carpignano nel 1974. In seguito continuai a fare ricerche, scoprendo che la vicenda era stata molto più complessa e interessante, e che mancava una pubblicazione che la raccontasse in maniera unitaria. Da cui, insieme all’editore Squilibri, l’idea di questo libro.

La permanenza dell’Odin nel Salento ed in Sardegna come si è sviluppata e quali tracce ha lasciato?

Il gruppo danese arrivò a Lecce nel settembre del 1973 – e fu la prima volta che Barba ritornava nel suo Salento che aveva lasciato da giovanissimo – per una serie di spettacoli e seminari organizzati dai professori di storia del teatro dell’Università e da alcuni loro collaboratori, fra cui Gino Santoro e Rina Durante. In quell’occasione si misero le basi per le successive visite in Sardegna e nel Salento, che avvennero a più riprese, fino all’estate del 1975. La presenza del gruppo danese in questi luoghi del Sud Italia, scelti proprio perché “estremi” e privi di una consuetudine con il teatro, ebbe molteplici implicazioni. Nel corso di queste permanenze, l’Odin definirà, come modalità di relazione con gli abitanti dei paesi salentini e sardi, in prevalenza contadini e pastori, il cosiddetto “baratto culturale” per cui al dono della loro arte i locali rispondevano con una canzone tradizionale, un ballo o una festa. Una scelta che avrà conseguenze molto importanti per il futuro lavoro dell’Odin e che darà spunti per svariate iniziative successive. Quell’esperienza lascerà un segno profondo anche nei territori, soprattutto nel Salento, dove i lasciti di lungo periodo andranno in varie direzioni: dalla “invenzione” della “festa te lu mieru” di Carpignano, che sarà un modello che avrà in seguito centinaia di imitazioni, alla formazione di progetti teatrali di successo, fino alla ispirazione per alcuni operatori culturali che avranno un ruolo fondamentale nel “rinascimento della pizzica”.

Cosa contiene il dvd allegato al volume?

Un documentario di Ludovica Ripa Di Meana, In cerca di teatro, girato per la Rai alla fine della residenza salentina del 1974, pieno di sorprese. Viene raccontato il lavoro dell’Odin e l’incontro fra le due culture, ma ci sono anche delle chicche straordinarie. Ad esempio, nel corso di una festa, viene ripresa una strepitosa performance di Uccio Aloisi e Uccio Bandello, e quelle che dovrebbero essere le prime immagini in movimento della “pizzica pizzica”. Il DVD contiene anche il film di finzione di Torgeir Wethal, Vestita di bianco, girato sempre nel corso dell’esperienza salentina dell’Odin. Molto interessanti sono anche le splendide fotografie di Tony D’Urso, che arricchiscono il volume.

E a proposito di “Pizzica”, da studioso della musica popolare come vede la nomina di Gualazzi alla Notte della Taranta?

Mi sembrano – considerando anche quelle degli ospiti annunciati – scelte in linea con l’impostazione data negli ultimi anni, orientate verso una dimensione pop-rock molto caratterizzata dal “mainstream” musicale italico, con qualche puntata internazionale. Diciamo che il risultato finale è sempre più vicino ad una sorta di concerto del Primo Maggio in chiave più o meno “etnica”. D’altra parte, un evento che si ripete con una formula tutto sommato simile da ormai due decenni, e con un pubblico dalle aspettative abbastanza rigide – nel senso che occorre per forza far ballare per una buona parte dell’esibizione, che alcuni pezzi si devono fare per forza –  non è facile da riprogrammare ogni anno, considerando anche le difficoltà produttive.

 

Tutte le info sul libro (con le date delle presentazioni) si possono trovare qui: http://lnx.vincenzosantoro.it/2017/06/07/odino-nelle-terre-del-rimorso/

 

 

 

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