di Sergio Torsello
in Nuovo Quotidiano di Puglia di Sabato 12 gennaio 2013
Un ritorno più meditato alle fonti storiche, soprattutto quelle meno accessibili, è sempre auspicabile per evitare interpretazioni superficiali e tentare di aggiungere elementi nuovi, utili ad una migliore comprensione dei fenomeni indagati. E’ il caso de I gesuiti e le tarantole (Libreria Musicale Italiana, pp.134, euro 30) il volume della musicologa Daniela Rota nel quale sono pubblicate per la prima volta in edizione integrale le pagine dedicate al tarantismo a metà del XVII secolo dai gesuiti Athanasius Kircher e Caspar Schott. “Fonti assolutamente imprescindibili – nota giustamente l’autrice – ma di non sempre facile reperibilità; puntualmente evocate, ma non sempre rispettosamente citate”. Filologo, scienziato, collezionista, autore di opere di fisica, astronomia, egittologia, musica, Athanasius Kircher (1602-1680), il “maestro di cento arti”, come lo definirono i suoi contemporanei, fu il più prestigioso esponente dell’enciclopedismo barocco. L’interesse per il tarantismo del Kircher, che nella sua opera condensava tutti i leitmotive della cultura barocca a partire dal valore gnoseologico della “meraviglia” aristotelicamente intesa come l’inizio di ogni conoscenza, derivava dall’interesse per le prodigiose virtù terapeutiche della musica. La iatromusica barocca aveva recuperato temi pitagorici e neoplatonici accanto ai dettami della medicina ippocratica in un complesso sistema di analogie e corrispondenze simpatiche tra “umori” corporei e “modi” musicali. La salute era definita come equilibrio degli umori, la malattia come una alterazione di tale armonia che poteva essere ristabilita dalla musica. In questa prospettiva il tarantismo rappresentava uno straordinario esempio vivente a sostegno delle teorie sui mirabolanti poteri della musica. Avvalendosi delle informazioni dei padri Nicolello e Galliberto, rettori dei collegi gesuiti di Lecce e Taranto, Kircher scrisse del tarantismo in tre opere, Magnes, Musurgia e Phonurgia ricche di preziosi dati sulle credenze popolari, i comportamenti dei tarantati, gli strumenti musicali utilizzati e soprattutto delle trascrizioni degli esempi più antichi di antidoti musicali contro il morso della tarantola (come il celebre Antidotum Tarantulae) che la documentazione diacronica ci consegna. Si tratta, come dicevamo, di fonti importanti anche perché rappresentano uno snodo cruciale nella letteratura storica sull’argomento. Non a caso Ernesto De Martino dedicherà pagine fondamentali ne La Terra del rimorso alla trattazione del gesuita.
Le tesi del Kircher, la sua fiducia nel potere risanatore della musica che in fondo avvalorava l’”ideologia popolare” della taranta, ebbero una vasta risonanza e consentirono una circolazione di questi temi nei livelli più alti della vita culturale dell’epoca. La centralità del tarantismo nel panorama letterario barocco del resto è confermata da recenti studi di Marino Niola che hanno evidenziato come il tema fosse già vistosamente presente in alcune liriche di Gian Battista Marino, del “marinista” pugliese Gianfrancesco Maia Materdona, di Emanuele Tesauro e Giacomo Lubrano. Fu poi la polemica illuminista contro il kircherismo e le pratiche superstiziose a determinare un radicale capovolgimento del paradigma interpretativo (il tarantismo visto come l’”altrove dell’irrazionale”) che interromperà tale circolazione preparando il terreno alla riduzione del tarantismo a malattia. Senza rinunciare ad una sottile vena d’ironia di fronte ad alcune inverosimili asserzioni dell’erudito tedesco, l’autrice ricostruisce con rigore filologico la storia editoriale delle opere, i relativi transiti da un testo all’altro e pubblica i capitoli della terza edizione del Magnes (1654) che costituiscono la versione più completa della kircheriana dissertazione sulla tarantola. Di Caspar Schott (1608 -1666), allievo e divulgatore dell’opera del maestro, si pubblicano invece le pagine contenute nell’Acustica (1657), efficace sunto (originale se non per contenuto almeno per forma espositiva) di quanto Kircher aveva scritto sull’argomento. Un’opera meritoria dunque questa di Daniela Rota che finalmente consente al lettore comune come allo specialista la consultazione diretta di alcune tra le più importanti fonti storiche sul tarantismo.
Un articolo di approfondimento (Athanasius Kircher e il tarantismo nella cultura meridionale, di Francesco Barreca) si può leggere cliccando qui
Una ampia selezione di scritti di Sergio Torsello, pubblicata con il consenso dell’autore, si può leggere cliccando qui