Attraverso la Notte della Taranta

E’ da poco disponibile sul sito www.arcoiris.tvAttraverso la Notte della Taranta“, un documentario che propone una interessante e articolata riflessione a più voci sul grande festival e sul movimento musicale salentino, realizzato da Paolo Mongiorgi e Luisa Barbieri, che ha scritto queste “note di campo” che riportiamo di seguito.

ndt<< Il loro sguardo “straniero” è stato … >>

Come scrive il giornalista salentino Pierpaolo Lala riferendosi alla piccola troupe che si è impegnata nella realizzazione di un documentario sulla Notte della Taranta, grande manifestazione che da 14 anni accende il Salento e lo fa risuonare di una eco antica, seppur proiettata nella modernità, in effetti siamo stati “catapultati” in una situazione a noi completamente sconosciuta: dovevamo “attraversare” la manifestazione, sostenuta dalla Fondazione omonima, e raccontarla.

Arcoiris Tv (enorme archivio video sul web (www.arcoiris.tv) sempre molto attento alle questioni sociali in qualche modo aperte, organizzazione con la quale collaboriamo dal 2005 per via dell’utilizzo, sia in termini di realizzazione, come di visione e divulgazione, di documenti video nell’ambito del programma di empowerment clinico e sociale che si prefigge la nostra organizzazione (www.mediconadir.it) intendeva dare luce alla manifestazione essendo espressione culturale, oltretutto a rischio di “banalizzazione” riducendola a semplice sequela di concerti di musica popolare salentina agli occhi dei turisti sempre più presenti sul territorio.

Essendo noi completamente digiuni e di Salento e di Notte della Taranta, nella fase preparatoria (durata non più di una settimana) abbiamo rivolto l’attenzione al fenomeno del tarantismo leggendo La terra del rimorso di De Martino, guardando il documentario di Mingozzi, abbiamo rivolto l’attenzione ai lavori del regista Edoardo Winspeare e al sito web della Notte della Taranta. Da subito è partita la confusione circa il messaggio che avremmo potuto e voluto dare attraverso il lavoro di documentazione che ci accingevamo ad affrontare: avremmo dovuto rinverdire l’interpretazione demartiniana oppure chiudere definitivamente questo approccio ed aprirne un altro operando la separazione vitale della quale, solo nel corso del “viaggio”, abbiamo percepito il vagito ?

Giunti in Salento abbiamo bussato a due porte: la Fondazione della Notte della Taranta e, fortuna ha voluto, la casa di una coppia di amici, Milena Magnani e Mino Specolizzi, che da anni si occupano di cultura salentina. Siamo così riusciti, sempre alla ricerca del nostro filo rosso, a redigere una lunga lista di possibili interlocutori, scegliendo tra coloro che negli ultimi 30 anni hanno lavorato, studiato e sudato per arrivare ad esprimere una cultura antica immergendola nell’attualità, usando il linguaggio della musica e della danza, in quanto come dice Luigi Chiriatti: “Danzare e suonare una musica che esprime i desideri e le ansie di un territorio mi sembra una cosa abbastanza interessante”.

Dovevamo staccarci, chiudere con la terra del rimorso, perché quella “terra dove finisce la terra” era uscita dalla dimensione afflittiva che caratterizzava gli anni piegati al rituale prima pagano, poi cattolico, del tarantismo a testimoniare (secondo il pensiero demartiniano) “la crisi della presenza”, quella terra è riuscita a respirare a pieni polmoni il vento del Mediterraneo e a sopravvivere a se stessa.

Dovevamo capire come e cosa si voleva esprimere oggi, senza cadere nella tentazione di ripercorrere percorsi interpretativi immediati, ma tutt’oggi devianti, in quanto come dice il direttore artistico della manifestazione Sergio Torsello: “Oggi il Salento è tornato ad essere un terreno di osservazione privilegiata per l’antropologia internazionale, perché qui si possono studiare dal vivo, non più il rito in azione, ma le pratiche di reinvenzione di una pratica culturale che era ormai scomparsa e questo è uno degli elementi fondamentali. Questo innesca, poi, tutta una serie di altri fenomeni che sono quelli di patrimonializzazione, quindi anche una serie di conflitti che sono oggi i temi fondamentali dell’antropologia contemporanea.”

Abbiamo scoperto che per capirne il significato occorreva ripercorrere gli ultimi 20 anni di storia di un movimento culturale “completamente anarchico, completamente privo di rapporti con le istituzioni, di base molto di sinistra, però un po’ più fricchettone da certi punti di vista, ignorato dalle istituzioni, se non deriso”, come ci racconta lo scrittore Vincenzo Santoro.

Attraverso la musica, da una parte recuperata dalla tradizione e dall’altra foriera di sperimentazione ed innovazione, forse avremmo potuto raccontare un pezzettino di quell’Italia che si stava muovendo verso la costruzione di una Comunità competente.

 

Il video si può visualizzare a questo indirizzo:  www.arcoiris.tv/modules.php?name=Flash&d_op=getit&id=15106

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