Memorie della terra su Folk Geneticamente Modificato

di Luca Ferrari

da Folk Geneticamente Modificato, 19 febbraio 2011

mdtiecDopo un notevole saggio sulla storia del folk revival salentino edito da Squilibri nel 2009 (“Il ritorno della taranta. Storia della rinascita della musica popolare salentina“), che ha avuto il raro merito di affrontare di petto uno dei fenomeni più controversi emersi negli utlimi anni in ambito folk, il ricercatore Vincenzo Santoro propone un altro spaccato della storia folclorica dell’area indagando la dimensione del lavoro, circoscritta alla prima metà del secolo scorso.

Come spiega bene il curatore nell’introduzione al volume, “l’idea di Memorie della terra nasce fondamentalmente da due esigenze. Da una parte si voleva tradurre in una forma “spettacolare” il materiale narrativo frutto di due distinte ricerche sul campo, che hanno documentato, utilizzando la metodologia della “storia orale”, la stagione delle lotte contadine e del tabacco nel Salento. (…) L’altra esigenza era quella di rivolgere uno sguardo anche a una forma specifica della tradizione musicale di questo territorio: quella attinente al “lavoro”, dai canti eseguiti durante i lavori agricoli, fino ai veri e propri canti di tema politico e sociale, che spesso furono “composti” proprio in occasione delle manifestazioni contadine, di cui costituirono una sorta di colonna sonora”.

L’intento di Santoro, coerente con l’implicita denuncia del saggio del 2009, è quello di interpretare il revival del tradizionale che ha interessato il Salento nell’ultimo decennio con coraggioso e opportuno distacco per demistificare “l’immagine di un mondo contadino bucolico e pacificato, pervaso di pratiche e significati magici” che oscura “le accezioni negative che tali usanze avevano per i suoi protagonisti concreti (emblematico è proprio il caso del fenomeno culturale del tarantismo, trasformato da simbolo di dolore e sofferenza sociale in una sorta di feticcio new-age funzionale allo “sballo”), rimuovendo anche la memoria delle condizioni reali in cui si trovavano a vivere i contadini, che nella maggior parte dei casi conducevano una vita di stenti e di fatica, sottoposti a sfruttamento e umiliazioni continue da parte dei pochi proprietari terrieri e notabili locali che avevano saldamente in mano le redini del potere economico e politico” (pag. 14).

Le 77 pagine del libro, allora, basate sulle memorie dirette di alcuni dei protagonisti di quell’epoca (tratte da interviste originali o da raccolte/saggi preesistenti), diventano la sceneggiatura di un affascinante percorso di riscoperta – che si fa spettacolo, appunto, rappresentato nei teatri – delle storie ‘minori’ collegate all’economia povera della regione: la coltivazione del tabacco (evento choc la rivolta delle tabacchine dell’Acait di Tricase soffocata con il sangue nel 1935…), la dura repressione degli scioperi, l’occupazione delle terre, gli attentati di piazza, la caduta del Fascismo diventano la nobile tessitura di questa storia non ufficiale, ma autentica, profondamente segnata nell’anima e nei corpi della gente, affidata ai testi dei canti, alle musiche e alle voci narranti del CD allegato. Nel glorioso solco di spettacoli popolari come “Bella Ciao” (1964) e “Ci ragiono e canto” (1966), che inaugurarono simbolicamente in Italia la stagione della rinascita della cultura folk, in cui obiettivo degli organizzatori era quello di divulgare in modo rispettoso e filologicamente corretto esperienze emblematiche delle tradizioni locali del Paese.

Qui, merito di un ottimo gruppo di interpreti (tra cui, oltre a Santoro, spicca la bravissima Anna Cinzia Villani) che ripropone, in riletture assolutamente godibili, ‘classici’ del repertorio salentino quali “Fimmene fimmene“, “La tabaccara” e “La Ceserina“, restituendoli a una più aderente dimensione della memoria, liberati dalla fastidiosa patina del merchandising culturale che, purtroppo, li ha resi famosi nel mondo sotto ben altre vesti.

 

per la scheda completa del libro cliccare qui

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