La canzone “proibita” di Woody Guthrie per Obama

Pete Seeger e Bruce Springsteen cantano This land is your land

646px-Woody_GuthrieIeri, al concerto per l’insediamento del nuovo presidente degli Stati Uniti Barak Obama, è successa una cosa quasi incredibile. A un certo punto sono saliti sul palco del Lincoln Memorial Bruce Springsteen e un arzillo vecchietto di novant’anni, Pete Seeger, padre nobile del folk americano nonché storico militante del movimento dei diritti civili (Springsteen gli ha dedicato qualche anno fa uno splendido album, The Seeger’s sessions), nonché, da sempre, comunista dichiarato (anche se in un modo diciamo molto americano).

Insieme hanno eseguito una delle più belle canzoni americane di sempre, This land is your land, scritta negli anni Quaranta da Woody Guthrie, il grande militante politico e sindacale e grandissimo cantautore, amico fraterno di Seeger. Una canzone che ha una storia complicata. Ne esistono almeno due versioni: una – molto più conosciuta ed eseguita da tantissimi artisti – più edulcorata, patriottica, populista, che può piacere a tutti; e un’altra più dura, politicizzata, che contiene delle strofe che fanno così:

Nelle piazze della citta

all’ombra del campanile

all’ufficio di collocamento

ho visto la mia gente

Mentre stavano lì affamati

io mi domandavo

se questa terra fosse fatta per te e per me.

E mentre camminavo

un cartello mi fermò

c’era scritto: “proprietà privata”.

Ma dall’altro lato

non c’era scritto nulla.

Questo lato è stato fatto per te e per me.

I nostri due eroi sono stati capaci di cantare questa canzone, quasi un inno alla lotta di classe, nella versione “proibita”, in uno dei lughi sacri della democrazia americana, sotto la statua di Abramo Lincoln, davanti al nuovo Presidente americano, che con loro ripeteva il bellissimo ritornello! Un roba da non crederci, veramente il mondo alla rovescia!!!

Su tali questioni riporto l’ultima parte di un articolo che Sandro Portelli ha pubblicato sul manifesto del 22 gennaio 2009, dal titolo: Obama e la ri-fondazione dell’America.

Il discorso di Barack Obama termina con la formula “God Bless the United States of America”, Dio benedica gli Stati Uniti d’America, una sia pure rituale rivendicazione del rapporto speciale fra l’America e Dio. Ma il giorno prima, davanti alla statua di Lincoln e alla spianata dei monumenti, Pete Seeger e Bruce Springsteen hanno cantato, e fatto cantare a un milione di persone “This Land is my Land”, la canzone che Woody Guthrie scrisse, negli anni ’40, proprio per esprimere rabbia e dissenso verso i sentimenti patriottardi della canzone “God Bless America” di Irving Berlin. E vale la pena di soffermarsi su questo momento, e sul suo dialogo con il discorso presidenziale del giorno dopo.

Spero abbiamo visto in molti il momento emozionante in cui il vecchio Pete Seeger, che dagli anni ’30 a oggi è stato la voce e l’ispirazione del folk revival democratico e militante, passava il testimone a un rocker come Bruce Springsteen: sta a lui, e alla sua musica, oggi parlare dell’America. Negli anni ’50, Pete Seeger era stato in lista nera per la sua vicinanza al partito comunista: che fosse uno dei perseguitati di allora a sancire il nuovo ciclo alla Casa Bianca (con una canzone scritta da un altro comunista) era commovente. Tanto più che, come abbiamo visto, Pete Seeeger non si è pentito per niente.

A sua volta, fin dall’inizio della sua carriera Bruce Springsteen ha avuto chiaro che il rock, musica giovane del momento presente, del futuro e del nuovo, ha anche un passato, uno spessore di storia e di memoria. Gran parte della sua musica è stata un richiamo ai principi fondatori del rock and roll. Pensiamo alla sua ormai classica “Thunder Road” (1975): Mary esce sul portico con l’abito bianco mosso dal vento, e sullo sfondo c’è Roy Orbison che “canta per chi è solo”, citazione di un disco di 15 anni prima, che per il rock sono ere geologiche; in più, il titolo veniva da un film (e da una canzone) di Robert Mitchum del 1958, ambientato fra i minatori di Harlan. Se Roy Orbison cantava per i “lonely”, fin da allora Bruce Springsteen – come scrisse allora un critico – cantava per tutti i giovani ribelli che avevano smesso di essere giovani ma non di essere ribelli. E figuratevi quanto è vero questo per il quasi novantenne Pete Seeger, sugli scalini del Lincoln Center, a cantare quasi settant’anni dopo una canzone che imparò quando aveva vent’anni.

“This Land Is Your Land”, questa terra è la tua terra, è diventata una specie di inno patriottico, insegnata ai bambini e sfigurata dalla pubblicità, un elogio della vastità e della bellezza di un’America ideale di foreste, campi di grano, cieli e strade aperte. Ma non è tutta qui. Ispirato dal New Deal e infuriato da “God Bless America”, Woody Guthrie popola quest’America ideale con la presenza sofferta degli Stati Uniti reali. Sono strofe dimenticate e censurate (ma Bruce Springsteen le cantò in concerto già nei primi anni ’80), strofe cancellate, che evocavano la crisi degli anni ’30 e che raccontano la crisi di oggi: “nelle piazze delle mie città ho visto la mia gente fare la fila per il sussidio, e mentre loro stavano lì affamati io pensavo, quanto vorrei che questa terra fosse fatta per te e per me”. E che dichiaravano dove stava la causa: “c’era un gran muro che cercava di fermarmi, e sopra c’era scritto proprietà privata – ma dall’altra parte non c’era scritto niente”.

L’altro giorno, a Washington, Pete Seeger e Bruce Springsteen l’hanno cantata, e l’hanno fatta cantare, tutta intera a un milione di persone. Inaugurare un presidente americano con una canzone contro la proprietà privata (che poi diventa pure una metafora della ricchezza di carta con niente dietro che stava all’origine della crisi del ’29 come di quella del 2008) non è uno scherzo. E allora dire “questa terra è la mia terra” non significa solo adesione sentimentale: significa dire che uno può amare il proprio paese, e dire che deve cambiare (e l’aveva già detto, senza farsi capire allora, Bruce Springsteen con “Born in the USA”).

Ma il cambiamento di cui parlano Guthrie, Springsteen e Seeger va oltre le formule dei padri fondatori. Per chi è stata fatta questa terra? Che significa questa bandiera? Chi siamo, “you and me”, chi è il “we” dello “yes we can” e del “we the people”? E questo USA dove siamo nati, questa America benedetta, che cosa è e che cosa vogliamo che sia? Tutta la storia della musica popolare, della canzone di protesta, e del rock and roll, ha posto queste domande al nuovo presidente. Che qualcosa ha detto: ha riconosciuto le difficoltà materiali di tanti americani, in cerca di sussidi come nella canzone di Woody Guthrie; ha preso atto della necessità di dare una regolata al mercato, di ricostruire l’immagine internazionale degli Stati Uniti, di restituire un ruolo alle istituzioni pubbliche. Possono essere passi sulla lunga strada proclamata da Woody Guthrie. Se lo saranno, e quanto si andrà lontano, più che da Barack Obama dipenderà da “you and me”.

 

Un interessante articolo sulla storia della canzone l’ha scritto il mio amico Sergio Bontempelli, e lo potete trovare all’indirizzo: http://sergiobontempelli.wordpress.com/2008/03/18/this-land-is-your-land-linno-popolare-degli-stati-uniti/

Il video dell’esibizione, con tanto di traduzioni in italiano, si può trovare invece a questo indirizzo: http://tv.repubblica.it/copertina/la-canzone-proibita-per-obama/28365?video

Di seguito invece le versione originale di Guthrie e una vecchia versione di Springsteen.

 

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