Addio a Pino Zimba, il “sangue vivo” del Salento

Pino Zimba

Pino Zimba

Pino Zimba ci ha lasciati. A soli 55 anni, se n’è andato uno dei grandi intepreti della musica salentina, uomo generoso e vitale, personaggio fondamentale del “rinascimento della pizzica”, baciato negli ultimi anni da un successo assolutamente inatteso.

Giuseppe Mighali (questo il suo vero nome) era l’erede di una famiglia di musicisti tradizionali di Aradeo, gli “Zimba”, straordinari suonatori di tamburello, maestri indiscussi della pizzica-pizzica. Suo padre Francesco, fruttivendolo, da giovane era stato “pizzicato dalla tarantola”, per cui ogni anno, con l’avvicinarsi della festa di San Paolo, il 29 giugno, doveva ballare fino allo sfinimento. La sua famiglia era solita ritrovarsi in una puteca de mieru, dove spesso le lunghe serate conviviali erano accompagnate dai canti e dal ritmo incalzante del tamburello. In quella cultura popolare Pino era cresciuto, e per tutta la vita ha continuato a diffondere i canti gioiosi e la musica travolgente appresa fin da piccolo.

All’inizio degli anni Novanta del secolo scorso, Zimba incontrò Edoardo Winspeare, che lo coinvolse nel suo progetto di “rivitalizzazione” della musica salentina, che poi ebbe come esito cinematografico Pizzicata (1996), in cui il regista di Depressa mise in scena il suo Salento magico e sensuale, ripreso prima degli sconvolgimenti portati dal “progresso”. In quel film c’erano tutti, i vecchi eroi della musica salentina e i giovani “pizzicati”; e c’era anche lui, impegnato una “terapia musicale” di una tarantata insieme a Luigi Stifani, il mitico violinista di Nardò.

Ma è con Sangue vivo, il secondo lungometraggio di Winpeare – di cui è indiscusso protagonista in un ruolo ampiamente autobiografico, ultimo eroe di una mondo ormai in disfacimento – che Zimba emerge come grande talento naturale del cinema, in un Salento in bilico fra la tradizione ancora pulsante e le ferite fisiche e mentali di una modernità irrisolta.

Al clamore suscitato dal film seguì il successo dell’avventura musicale degli Officina Zoè, con cui ha portato i ritmi e i suoni del Salento in tutto il mondo. Avventura continuata, dopo la rottura con il gruppo originario, con Zimbarie, ensemble musicale che ha esaltato al massimo il suo grande e trovolgente carisma.

Mi piace ricordare di lui anche un aspetto forse poco conosciuto. Molti della sua famiglia erano stati militanti del Partito Comunista Italiano, impegnati nelle lotte a fianco dei contadini, dei braccianti e delle tabacchine (e di questo resta traccia in molti loro canti, che contengono espliciti riferimenti politici). E a modo suo Pino aveva continuato quella tradizione, non lesinando mai il suo contibuto alle iniziative dei sindacati e delle forze della Sinistra. Anche per queste ragioni, appaiono quanto mai opportune le parole che gli ha dedicato Nichi Vendola, che a lui era legato da un lungo rapporto di amicizia: «Il Salento ha perso il satiro della pizzica, un insostituibile istrione della cultura musicale popolare, che ha contribuito con la sua energia e la sua carica espressiva a far conoscere in Italia e nel mondo una tradizione unica. E’ stato un grande onore per me averlo conosciuto e frequentato. Il battito grintoso delle sue mani sul tamburello resteranno un ricordo indelebile che conserverò per sempre».

 

 

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