Peppino Marotto: un non violento ucciso dalla violenza

Poeta, scrittore, ex sindacalista, l’anziano intellettuale, vittima i giorni scorsi di un’aggressione, avrebbe preso parte oggi alla nascita di “Terra Gramsci”, una rete associativa sarda da lui fondata alla cui presidenza siedono Eric Hobsbawn e Maria Lai

di Giorgio Baratta
da Liberazione di giovedì 3 gennaio 2008
Sei finito sotto terra Peppino. Ma noi ti vediamo (col pensiero, col ricordo, con la forza della disperazione) passeggiare sopra la terra, terra di Gramsci, Terra Gramsci, col tuo incedere altero tranquillo, col tuo sguardo dolce sanguigno, con il sorriso dei buoni. Ti hanno ammazzato come un cane. Ma se penso a quel bel cane bianco che scondinzolava, un anno fa, per le strade del tuo paese, vicino al luogo dove ti hanno fatto fuori, quando venimmo a trovarti con Nelson Pereira dos Santos, il grande regista brasiliano, autore di Vidas Secas, il film gemello di Banditi a Orgosolo, di Vittorio De Seta, provo una ripugnanza a usare questo paragone. No: non ti hanno ammazzato come un cane; piuttosto come un sardo cittadino del mondo, come tu eri, uno che viveva la vita quale un bene comune, e la sentiva con un senso comune, senso barbaricino, senso della tua gente, senso di tutti. Forse, tutto sommato, ti hanno ammazzato proprio perché, come disse Nelson, lasciando Orgosolo dopo ore di pepe e di miele passate con te, «Peppino Marotto è l’ultimo comunista della storia». Perché in realtà ti abbiano ammazzato io non lo so, né lo voglio, in questo momento, sapere. Ma quale che sia il cosiddetto motivo, so che chi ti ha ammazzato rappresenta un senso anch’esso comune, ma diverso dal tuo, un modo di essere, una cultura, che fa parte di quelle che Gramsci chiamava «le miserie della Sardegna», lui che amava la sua terra come amava sua madre, che fu per lui cuore, cervello, volontà. Oggi pomeriggio, quando, col sindaco di Orgosolo, di Austis e di Gavoi (la tua Barbagia), di Ales e di Ghilarza (i luoghi del filosofo), e con altre/altri amici, compagni, intellettuali e semplici, abitanti del Centro della Sardegna, e con qualcuno di fuori, come me, abitante del resto della Sardegna o del Pianeta, verrà costituita formalmente “Terra Gramsci, rete associativa/scuola itinerante fondata da Peppino Marotto”, (ore 16 presso l’Università di Cagliari), il nostro sarà insieme un sentimento di dolore e di orgoglio. Il progetto associativo deve moltissimo a te, a cominciare da quella indimenticabile serata, vent’anni fa, al Circolo degli immigrati sardi “Grazia Deledda” di Wolfsburg, in Germania, quando insieme a Mimma Paulesu e a Gianni Amico e a me, che giravamo per la Rai “Gramsci, l’ho visto così”, decidemmo con te che «se riusciremo a organizzare una associazione gramsciana internazionale» (che sarà poi la International Gramsci Society), «la sede più intensa dovremo impiantarla tra le pietre di Gramsci». Da oggi in poi, Peppino, lavorare a questa piccola impresa – nata allo scopo di portare il pensiero di Gramsci fuori delle università (ove oramai in tanti Paesi è valorizzato, e quasi quasi persino in Italia), cioè portarlo nelle scuole, tra i cittadini comuni, tra i giovani e anche tra i bambini – lavorare a “Terra Gramsci -Igs Sardegna” implica una più forte responsabilità e un impegno ancora più grande. “Terra Gramsci”, frutto del radicamento ottenuto dalla International Gramsci Society nell’Isola, ha adottato uno slogan ambizioso: dalla Sardegna al mondo, dal mondo alla Sardegna. Vuole essere un percorso, un vento, un contrappunto: insieme di diverse cose, tenute insieme da un’anima a double face, come era la tua, fatta di energia sociale politica morale, ma anche di vena artistica poetica musicale. Sarà una “rete associativa” alla quale potranno aderire singoli, gruppi di persone e istituzioni o organismi, in particolare del Centro della Sardegna, ma con l’adesione anche di sedi nazionali o internazionali partecipi del progetto nella sua peculiarità: come il gruppo guidato da Francisco F. Buey, che tanti anni fa fondò a Barcellona la Igs-Catalogna, il Circolo Bolivariano di Caracas, impegnato nell’uso politico e culturale di Gramsci in Venezuela, e la sezione “Terra Gramsci” del Network “Transito Atlantico” coordinato tra Napoli, Salvador di Bahia e Rio/Niteroi. Terra Gramsci sarà anche una «scuola itinerante per un nuovo senso comune». In settembre c’è stata una prima esperienza felicemente realizzata di questo progetto. A Gavoi e ad Austis si è tematizzato in due circoli cittadini, con la partecipazione dei Comuni e delle Scuole, l’impatto del pensiero di Gramsci su alcuni “beni comuni”: gli “usi civici” delle “terre comuni”, l’acqua, i bambini. A Orgosolo si è festeggiato l’88° compleanno di Maria Lai, la deliziosa artista visiva di Ulassai, che con Eric Hobsbawm condivide la presidenza onoraria di Terra Gramsci. C’eri tu, Peppino, che insieme ad Antonio Gramsci jr. hai rappresentato metaforicamente quello straordinario poemetto di Edoardo Sanguineti dal titolo Ballata dell’incanto buono, ove il vecchio e il giovane compagno entrano in un dialogo particolarissimo, che si conclude con il canto/incanto della “lotta di classe”.
Peppino, Peppino. Avremo modo di parlare di te specificamente nel futuro più immediato. A Carnevale è prevista ad Orgosolo, con Nelson Pereira dos Santos e Vittorio de Seta, la seconda fase del percorso Sardegna-Sertão, Gramsci-Ramos (Graciliano Ramos fu un Gramsci brasiliano, autore dei libri Vidas Secas e Memorias do carcere). Avevamo deciso insieme con te, sapendo di far cosa gradita a Vittorio e preziosa per Nelson, di diffondere per questa occasione l’illuminante Intervista su Orgosolo di Antonio Pigliaru, del 1962. Lo faremo, con l’aiuto di Rina Pigliaru. che incontreremo domani (e ti ricorderemo!). E’ un’ironia della sorte, un gioco del destino, queste concomitanze, che noi dobbiamo cogliere come un monito ma anche come un dono o un’eredità. Pigliaru è stato il più grande intellettuale gramsciano sardo, morto nel 1964, alla stessa età ben prematura nella quale era morto Gramsci: fu autore di un libro straordinario, Il codice della vendetta barbaricina, e di saggi penetranti sul banditismo sardo, come la citata Intervista. Il grande evento dialettico che Pigliaru realizzò con Il codice è non aver abbandonato la vendetta barbaricina a se stessa, a un fantomatico impero del male, ma di averla condannata storicizzandola fino a farne emblema di un paradosso etico-giuridico: affine a quella che Jean-Paul Sartre tematizzò quando svolse l’analisi della potenza impotente della ribellione violenta nei Quaderni per una morale e che Antonio Gramsci intuì a tutto tondo quando indicò la necessità di elaborare e tradurre nella «riforma morale e intellettuale» un insieme ampissimo e contraddittorio di impulsi, di azioni e reazioni.
Peppino Marotto: sei stato un grande avversario, l’antidoto allo stato puro, l’alterità rispetto alla logica della vendetta e della violenza, che non è stata ancora estirpata, in Sardegna come nel mondo.

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