Salento, terra di cinema

Salento, terra di cinema
di Michela Santoro

È di questi giorni la notizia che sono state girate nel Salento alcune scene del film “Nassiriya – Prima della fine”, miniserie televisiva prodotta da Mediaset, con la regia di Michele Soavi. Interpretato, fra gli altri, da Raoul Bova e Claudia Pandolfi, il film rievoca la strage in Iraq del 12 novembre 2003, in cui morirono diciannove italiani, tra militari e civili. Gran parte delle riprese sono state effettuate a Roma, ma per le scene più drammatiche la produzione ha preferito il Salento. Prima al Museo Castromediano di Lecce e poi a Castrignano del Capo, in piazza San Michele, dove è stato montato il set che ricrea l’ambiente dove si verificò la strage.
Una notizia di questo tipo, però, non desta più sorpresa. Il Salento ormai viene frequentemente scelto non solo come semplice location ma anche come luogo di ambientazione di film (per il cinema e la televisione), documentari e spot pubblicitari.
Da due anni una serie televisiva di successo è interamente ed esplicitamente ambientata in alcuni paesi del Capo di Leuca, “Il giudice Mastrangelo” con Diego Abatantuono e Antonio Catania. La fiction ha per protagonista un procuratore della Repubblica che torna per lavoro nella sua terra d’origine, dove si ritrova a risolvere casi criminali e a fare i conti con le proprie radici. Ne viene fuori, dispiace dirlo, un Salento da cartolina con una sfilza di personaggi locali abbastanza grotteschi, se non proprio ridicoli, e dalla dubbia omogeneità linguistica (la maggior parte degli attori parla con accento barese, mentre i personaggi minori in salentino), ma la fiction, con tutte le distorsioni e le banalità che gli standard televisivi impongono, ha almeno il merito di essere un potentissimo spot pubblicitario delle bellezze del nostro territorio nelle case di milioni di italiani.
Ma è il cinema ad aver subito maggiormente il fascino della terra salentina.
Per rintracciare l’origine di questo interesse, bisogna fare un salto nel 1995, l’anno fatidico delle riprese del film “Pizzicata” di Edoardo Winspeare. Da allora il Salento ha continuato nel tempo ad essere considerato come location ideale e una riserva infinita di storie e personaggi fino a quel momento trascurati dal cinema italiano.
La pellicola, che racconta un episodio di tarantismo negli anni Quaranta, fu la rivelazione non solo del talento artistico del regista salentino, alla sua prima esperienza dietro la macchina da presa, ma anche della vocazione potremmo dire “cinematografica” di una terra antica ma vitale, dai forti contrasti cromatici e paesaggistici, ma anche socio-antropologici, non del tutto violata nei suoi aspetti arcaici e quindi ancora in grado di emozionare lo sguardo e il cuore.
Winspeare fece un piccolo film poetico, spiccatamente neorealista, anche per l’uso del dialetto, in cui paesaggi e ambienti rurali prendono la scena più dei personaggi. Emerge, inoltre, prepotentemente in “Pizzicata” l’elemento che più di ogni altro spiega il motivo di una fascinazione che il Salento esercita su chiunque tenti di raccontarlo, il rapporto con la terra e con i valori della cultura contadina.
Pochi anni dopo, nel 1999, girò “Sangue Vivo”, ambientato ai giorni nostri, protagonista una famiglia salentina alle prese con una tragica realtà sociale e umana. Due fratelli, il primo venditore ambulante e contrabbandiere, il secondo disoccupato con problemi di droga, divisi da conflitti personali ma legati dall’amore per la musica popolare. Anche in questo caso, lo sguardo del regista dichiara una forte sensibilità per il contesto socio-ambientale, quasi sopraffatto, rispetto alla passato idillico di “Pizzicata”, dalle brutture della modernità.
Sempre nello stesso periodo, altri registi non salentini, scelsero di girare tra Lecce e provincia. Cristina Comencini, una commedia leggera, ai limiti della farsa, ambientata a Lecce, “Liberate i pesci”, e Sergio Rubini, “L’anima gemella”, anche questo un film dai toni comici e surreali, in cui il Salento, a dir la verità, funge solo da sfondo suggestivo, nei suoi aspetti, culturali e ambientali, più “esotici”.
Lo stesso Rubini, poi, è tornato di recente nel Salento, a Mesagne, in provincia di Brindisi, per il suo film forse più maturo, il cui senso è racchiuso tutto nel titolo, “La Terra”, metafora di un legame irrisolto con le proprie origini che, come abbiamo visto, caratterizza quasi tutte le pellicole di ambientazione salentina. I personaggi del film, quattro fratelli che si ritrovano ormai adulti a dover decidere se vendere una masseria di famiglia, riacquistano la serenità familiare e personale solo dopo aver affrontato non senza lacerazioni il rapporto con il proprio passato.
Ancora una volta, il Salento è rappresentato come luogo affascinante sia da un punto di vista estetico, per la connotazione aspra del paesaggio e la bellezza antica dei piccoli paesi dimenticati dal tempo, sia per il tenace attaccamento della sua gente ai valori tradizionali.
Ma forse la vera sorpresa del cinema made in Salento è “Italian Sud Est”, piccolo esempio di docu-fiction, girato nel 2003 da un gruppo di giovani registi salentini e non, i Fluid Video Crew (Davide Barletti, Edoardo Cicchetti, Lorenzo Conte, Mattia Mariani). L’esperienza di un viaggio, a bordo delle mitiche ferrovie sud-est, che lentamente e inesorabilmente attraversano la piccola penisola protesa tra due mari, periferia del mondo e zona di frontiera, ricca di personaggi e storie reali, ma fuori dall’ordinario, potremmo dire “realmente straordinari”. Tutti, per una volta, felicemente riconciliati con se stessi e con la propria “terra”.

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