Pubblichiamo una intervista realizzata il 18 Agosto a Donato Margarito, capogruppo di Rifondazione Comunista alla Provincia di Lecce. Margarito, che abbiamo incontrato la prima volta durante il raduno invernale 2005 a Tricase, e che già in quella occasione si è dimostrato come un politico sensibile e come un uomo di cultura capace di comprendere ed accogliere le problematiche sulle politiche culturali del territorio evidenziate da Pizzicata.it, è in questi giorni impegnato a portare avanti degli importanti emendamenti allo statuto della Fondazione “Notte della Taranta”, il quale è attesa di approvazione al consiglio provinciale. Nella seguente intervista, Donato Margarito riconosce e sottolinea gli importanti traguardi raggiunti dalla “Notte della Taranta” sul piano delle politiche di promozione turistica, ma al contempo evidenzia le criticità sul piano delle politiche culturali che il grande evento di Melpignano, nonchè lo statuto della nascente fondazione, portano, così come sono, inevitabilmente con se.
intervista al consigliere provinciale di Rifondazione Comunista Donato Margarito
Alessano, 18 Agosto 2006
a cura di Vincenzo Santoro e Carlo Trono
In che modo ti sei avvicinato al mondo della pizzica e delle culture popolari?
Spesso, nelle sedi istituzionali, vado affermando che, per me, è stato molto illuminante un convegno che si è tenuto nel dicembre del 2005 a Tricase, nella sede di Palazzo Gallone, sulle politiche culturali degli Enti pubblici, connesse al tarantismo, alla pizzica e alla musica popolare. Se non ricordo male si trattò di un convegno a carattere regionale che registrò una grande partecipazione di pubblico e di addetti ai lavori, provenienti da tutta la Puglia, un pubblico, va detto subito, di qualità culturali medio-alte, composto da operatori culturali, ricercatori, etno-musicisti e antropologi autodidatti. Questo pubblico dava l’impressione di un certo dilettantismo culturale, ma anche, devo dire la verità, una grande e apprezzabile passione sul tema delle culture popolari scritte ed orali. Ho imparato molto in quella circostanza, come se un interesse, per tanto tempo sopito, si fosse immediatamente risvegliato.
Quale bilancio hai tratto da quell’appuntamento?
Intanto devo dire d’aver colmato una certa deficienza informativa per quanto attiene l’arcipelago dei mondi culturali della Puglia e le molteplici attività, da questi, proposte e promosse. Per il resto, le mie convinzioni, in materia di politiche culturali pubbliche, hanno un retroterra più profondo e non certo occasionale. Non ho nessuna difficoltà ad ammettere che qualche perplessità, su “La Notte della Taranta”, era già maturata dentro di me, ma da quel convegno ne usciva decisamente rafforzata e comprovata. Mi piace pensare ai mondi culturali pugliesi attraverso l’immagine calzante dell’arcipelago: tanti fermenti, tante piccole iniziative, tante sperimentazioni diffuse sul territorio, tante rassegne di teatro, danza, cinema, pittura, scultura, artigianato e molti linguaggi artistici. Insomma una proliferazione di eventi che dà il senso della ricchezza e del pluralismo della proposta culturale, la quale, peraltro, in questo modo può venire incontro alla molteplicità dei gusti estetici dei cittadini, turisti e non. Sarebbe un grave errore declassare questa effervescente creatività come dilettantismo. Questo ragionamento, tuttavia, non vuole essere una critica tendenziosa a ciò che è oggi “La Notte della Taranta”. Vuole soltanto manifestare una preoccupazione su un fenomeno già in atto che è quello di un’estrema centralizzazione delle politiche culturali degli Enti pubblici intorno ad alcuni megaeventi spettacolari, finalizzati a promuovere adunanze di massa e notorietà di questa natura generalista, trascurando e, anzi, annientando quel pluralismo iper-attivistico, di cui parlavo in precedenza.
Quali furono le iniziative istituzionali intraprese dopo quell’appuntamento?
Nei giorni successivi a quel convegno tricasino, maturò in me l’idea di proporre un’iniziativa istituzionale presso la Provincia di Lecce. Essendo Consigliere Provinciale di Rifondazione Comunista, ho stilato un ordine del giorno che ho sottoposto, dapprima, all’attenzione della Commissione Cultura e, in seguito, del Consiglio Provinciale che lo ha approvato all’unanimità. In questo ordine del giorno non si fa alcuna polemica contro “La Notte della Taranta”, però si dice che oramai è necessario procedere ad una rivisitazione delle politiche culturali pubbliche dal momento che esse non possono essere considerate solo come marketing o una sezione interna alle politiche turistiche. Gli ultimi custodi del canto popolare, di quel timbro peculiare, di quella fonetica speciale, di quella inclinazione ritmica e sonora del tutto particolare, corriamo il rischio, nel giro di qualche anno, di perderli definitivamente. In questo modo, noi perderemo per sempre quell’archetipo del canto popolare e avremo a disposizione soltanto delle copie interpretative, riprodotte più o meno bene o male dalla tecnologia o reinventate per la carriera politica di qualcuno. La tecnologia moderna ci può permettere anche, però, di “eternizzare” dal vivo il canto popolare attraverso gli ultimi custodi e testimoni attivi, veri e propri giacimenti di sapere orale, che sono ancora rimasti in vita. Da ciò, appunto, la necessità di costituire un Centro di documentazione e raccolta dati che abbia una sede propria e che possa, in maniera permanente e sistematica, individuare, studiare, conservare, classificare e raccogliere tutta una serie di documenti oggi sparpagliati, in Italia e all’estero, in tantissime sedi.
Che cosa pensi de “La Notte della Taranta” come Evento e quali proposte di modifica dello Statuto della Fondazione ritieni di avanzare?
La Notte della Taranta è sicuramente un grande evento che fa bene al Salento. Lo spettacolo, che promuove, ha raggiunto una tale notorietà che è difficile e bagliato ignorare. Se noi guardiamo a “La Notte della Taranta”, dal punto di vista delle politiche turistiche, non possiamo che riconoscerne l’efficacia. Se, però, la osserviamo da un altro punto di vista, quello delle politiche culturali, allora si può avere molto da ridire e anche fondatamente. Siccome non voglio essere tacciato di un pregiudizio anti-Taranta, io non solo avanzo un giudizio, sostanzialmente positivo, sugli effetti di marketing territoriale che promuove, ma aggiungo un’altra considerazione di un certo interesse per la “formula estetica” adoperata dagli artisti. Mi riferisco a quella confusione o mescolanza di tanti stili, ritmi e vocalità, rielaborati elettronicamente. Essa può essere, non solo una formula piacevole sotto il profilo dello spettacolo offerto, ma anche un’interessante tecnica di composizione, un brano di interculturalità musicale, di cui il mediterraneo ha molto bisogno in questo tormentato momento storico. Insomma, non è che non riconosco le qualità artistiche di coloro che danno vita a questo tour, ma il problema è che “La Notte della Taranta” non può essere e coincidere con le politiche culturali di un ente pubblico. il che significa, da un lato, che i finanziamenti non devono essere indirizzati quasi esclusivamente verso “La Notte della Taranta”, ma anche e, in misura adeguata, a quello che io chiamo l’arcipelago dei mondi culturali della Puglia. E, dall’altro, che per garantire gli obiettivi della ricerca, lo Statuto della Fondazione “La Notte della Taranta” deve essere concepito e strutturato in un certo modo, prevedendo, sostanzialmente, investimenti adeguati per la ricerca, una rappresentanza nel Consiglio di amministrazione e nel Comitato scientifico di figure autorevoli e qualificate, legate all’associazionismo delle culture popolari, una specificazione tematica chiara di quali sono le attività della ricerca e la costituzione, come ho già detto in precedenza, di un Centro di documentazione e raccolta dati.
A che punto sono adesso i rapporti tra Regione Puglia e Provincia di Lecce per quanto concerne l’iter approvativi dello Statuto?
A questo punto, i rapporti tra Regione Puglia e Provincia di Lecce configurano un problema politico. Il Consiglio Provinciale di Lecce ha approvato il mio ordine del giorno all’unanimità. Anche la Commissione Cultura si è pronunciata nello stesso modo. Va aggiunto che l’ordine del giorno in questione è stato approvato dal Consiglio provinciale prima della data di approvazione, da parte della Giunta Regionale, dello Statuto della Fondazione “La Notte della Taranta”. E’ evidente che siamo di fronte a due atti deliberativi, a due linee che, in un certo senso, confliggono. Non voglio esasperare questa situazione, ma è evidente che ci sono due punti di vista davvero divergenti. Sta a noi adesso, attraverso la politica e sopratutto attraverso la concertazione politica e istituzionale, rendere questi due punti di vista complementari ed integrati. Il problema politico che ho segnalato si può rilevare anche dalla tempistica. Ho notato, infatti, che si stava procedendo con una certa celerità nell’approvazione dello Statuto in questione per la seduta del 4 agosto scorso. Sono dovuto intervenire drasticamente, sia in Commissione che in Conferenza dei Capigruppo, per bloccare il procedimento deliberativo e, grazie alla sensibilità istituzionale dimostrata da Pellegrino e anche da tutti i colleghi Consiglieri, che ringrazio, è stato possibile un rinvio dell’argomento, per un ulteriore approfondimento.
Da quali temi è stato caratterizzato il dibattito a Palazzo dei Celestini?
Prima delle vacanze estive, la Commissione Cultura ha organizzato due sedute per dibattere la mia proposta. Io avevo avanzato la necessità di un’audizione in Commissione del Presidente Pellegrino, il quale si è presentato il giorno dopo per un confronto pubblico sull’argomento e di questo gli sono molto grato. Dopo aver illustrato la mia proposta, peraltro già conosciuta dal Presidente perché racchiusa, per intero, nell’ordine del giorno a suo tempo approvato unanimemente dal Consiglio, ho focalizzato la mia analisi, in particolare, sul punto di vista ideologico che sorregge la stesura dello Statuto della Fondazione, così come approvato dalla Giunta Regionale. Ho spiegato al Presidente che, nell’art. 2 dello Statuto, quello che fissa e definisce gli scopi della Fondazione, c’è una posposizione di due aggettivi che è molto sospetta e rivela, in realtà, il punto di vista ideologico dell’estensore del testo dello Statuto, un punto di vista che io ritengo inaccettabile perché falso. Ad un certo punto dell’art. si legge: “… di sostegno e sviluppo della ricerca culturale sul fenomeno del tarantismo, delle tradizioni ‘grike’ e salentine.” Ogni persona normale avrebbe detto prima salentine e poi ‘grike’ dal momento che il codice inclusivo delle culture popolari salentine, compresa la “grika” (al singolare), è quello salentino. Il processo inverso è infondato sul piano storico, falso. Per me l’ordine delle parole non può essere quello proposto dallo Statuto in quanto l’aggettivo “salentine” deve venire prima di “grike” per restituirgli quella centralità che gli compete. Questa non è una mera questione nominalistica, è al contrario un fatto sostanziale e di grande rilevanza sul piano politico. Il concetto di cultura popolare salentina è inclusivo del griko e, anche, ovviamente, di una molteplicità di altre tendenze espressive e artistiche: letto in quest’ordine il testo è dotato di verità storica. Viceversa, se si dà precedenza alle tradizioni “grike”, l’impressione è che si faccia coincidere quest’ultime con le tradizioni popolari salentine, operando così un’estensione, una dilatazione del “griko”, non sostenibili sul piano storico. Non ho nessuna difficoltà a chiamare questa operazione ideologica pseudocultura.
A quali conclusioni è pervenuta la Commissione Cultura?
I lavori della Commissione Cultura si sono interrotti nei primi giorni di agosto e riprenderanno negli ultimi del mese. La Commissione Cultura mi ha dato mandato per stilare una relazione scritta, contenente le proposte migliorative del testo regionale dello Statuto e depositarlo al fine di consentire, alla ripresa dell’attività istituzionale, una continuazione del dibattito già avviato. Voglio ancora fare una precisazione relativa alla seduta consiliare di approvazione del mio ordine del giorno. In quella sede chiesi espressamente al Consiglio di impegnarsi per un finanziamento da attribuire al comune di Alessano perché provveda, in tempi rapidi, ad organizzare un convegno su queste problematiche, da tenersi ad Alessano, possibilmente con la presenza di Niki Vendola e Giovanni Pellegrino. So che un contributo di duemila euro è stato assegnato al comune di Alessano per la realizzazione di questo convegno. E’ necessario partire subito con la fase organizzativa per poterlo fare nel mese di settembre. Intanto voglio informare il movimento della pizzica e quanti navigano in questo sito che la proposta di modifica dello Statuto della Fondazione è già pronto e che potrà essere, qui, consultato nei prossimi giorni. E’ inutile ribadire che i prossimi giorni sono decisivi perché il dibattito istituzionale, che riprenderà in Provincia, definirà la proposta conclusiva che verrà sottoposta all’approvazione del Consiglio. Se il testo approvato sarà quello regionale, allora possiamo ritenere sconfitte le nostre ragioni. Dobbiamo, quindi, da un lato, attivare il dibattito sui media locali e mantenerlo caldo e vivo e, dall’altro, praticare il contatto politico con il governo regionale per capire quali margini di emendabilità del testo sono consentiti. Non bisogna nemmeno trascurare altre componenti dell’Unione che potrebbero essere interessate a questo discorso alternativo. Esse vanno, a mio avviso, individuate e coinvolte. So, ad esempio, che il Gruppo Consiliare della Margherita, a Palazzo dei Celestini, ha chiesto lumi sulla contabilità dell’Evento “La Notte della Taranta” allo scopo, credo, di comprendere bene l’entità del finanziamento pubblico e le modalità del suo investimento. C’è un fermento anti-Taranta, persino, nella Grecia Salentina e, anche, in quei tanti comuni che devono autofinanziarsi in proprio le campagne estive, non potendo contare su benefici pubblici assorbiti in toto dai megaeventi. Queste discordanze, però, vanno coalizzate non per mobilitarle contro “La Notte della Taranta”. Una simile crociata non servirebbe a nulla. Vanno, invece, coalizzate per costruire una nuova politica culturale degli enti pubblici.
A che cosa dovrebbe puntare il convegno alessanese?
Per prima cosa, si dovrebbe evitare una polemica con “La Notte della Taranta”, che sarebbe sterile e inopportuna. Il che non significa rinunciare al confronto. In secondo luogo, credo che si dovrebbe insistere molto sulla proposta alternativa, illustrarla, approfondirla, evidenziandone i meriti e le positività. In terzo luogo, occorre assicurarsi la presenza di Niki Vendola e Giovanni Pellegrino, i quali devono ascoltare le ragioni profonde che sono alla base di questa proposta alternativa. L’incontro deve servire, in sostanza, a creare le condizioni perché la proposta di modifica allo Statuto regionale della Fondazione venga, in qualche misura, fatta propria dalla Regione e dalla Provincia. Infine penso che bisognerebbe organizzare bene la partecipazione degli “stati generali” della pizzica a livello pugliese per mettere in evidenza che c’è un altro mondo sulle politiche culturali pubbliche che intende essere almeno interpellato.
Prima hai detto che c’è ne “La Notte della Taranta” una formula estetica di un certo interesse, consistente in una mescolanza di stili e che questo fatto manifesta anche un certo sperimentalismo nella composizione, in generale, dello spettacolo e nell’interpretazione dei brani. Vuoi spiegare meglio questo concetto?
Quella mescolanza di stili è sicuramente innovativa sotto il profilo estetico e, quindi, sperimentale. Con una certa frequenza noi siamo portati a considerare, quasi inconsciamente, come un fatto positivo tutto ciò che ha che fare con le trasgressioni spinte e con l’anticonformismo. Così ci immaginiamo, come artisticamente riuscite, quelle espressioni che propongono sperimentazioni di questa natura. Ma è proprio sempre così? Una delle forme attraverso le quali vengono talvolta attuate le sperimentazioni è proprio quella della mescolanza degli stili, della con-fusione dei ritmi e della contaminazione tra gli elementi più disparati. Una simile tecnica compositiva, che non ha limiti, che non pone steccati nazionalistici né di razzismo, non può che trovare apprezzamento sul piano politico. Non a caso io ho parlato poco fa di interculturalità musicale. Mi pare, se non ricordo male, che lo stesso Presidente Vendola abbia dichiarato con entusiasmo che “La Notte della Taranta” è meticciato. In questa categoria io colgo la valenza positiva più sul piano politico che su quello estetico. Su questo piano, però, vale a dire quello estetico e artistico, io credo che la nozione sperimentale del meticciato vada approfondita perché in essa vi sono delle insidie non trascurabili. Essa, infatti, rimanda all’ideologia del post-moderno. Va ricordato, solo per rapidissima sintesi, che il post-moderno appiattisce il corso storico nella routine, espungendone le contraddizioni sociali vive. Inoltre propone un’estetica della commistione spinta in senso nichilistico, nella quale tutti i contenuti, proprio perché resi anonimi, de-umanizzati e devitalizzati, possono essere fusi, combinati, mischiati, mescolati e con-fusi. In questo modo si capisce bene che la contaminazione di tipo letterario tra generi o registri diversi è diventata un’altra cosa, fondatrice cioè di un nuovo genere, che potremmo chiamare un ibridismo senza identità, un ibridismo che si compiace, peraltro, cinicamente del suo non-essere. Aggiungo che il corrispettivo ideologico della post-modernità estetica si trova, ad esempio, nel sociologo americano Robertson, apologeta della globalizzazione culturale, che non a caso considera la cultura un insieme, cioè un concentrato iper-eterogeneo, nel quale tutte le culture sono unificabili e combinabili in base al principio della loro totale interdipendenza. Quanto poi questo ragionamento sia vicino ai sostenitori del glocale è abbastanza evidente. Insomma il senso della misura è quello che alla fine ci fornisce la strada migliore. Nessuno contesta le contaminazioni. Nel corso della storia letteraria e artistica la contaminazione dei linguaggi ha generato grandi autori e talvolta geni. Ma il post-moderno non pratica una normale poetica delle contaminazioni, bensi l’estremizzazione nichilistica delle sue applicazioni contaminatrici, senza alcuna regola o limite. La disinvoltura, con la quale i musicisti de “La Notte della Taranta” combinano stili, ritmi e suoni, ha qualcosa (non so quanto ne siano consapevoli) di post-moderno, ma in tal modo essi cooperano, senza volerlo, non alla salvaguardia dell’identità salentina, ma al suo inevitabile soffocamento nel mare magnun delle sperimentazioni combinatorie e contaminatrici. La ricerca dello spettacolo è fatalmente attratta da ciò che si mischia, anche se lontano e decisamente incompatibile. Anzi, meglio se si mischia l’incompatibile perché, in questo caso, l’effetto dello stupore è assicurato. Ecco perché ribadisco che il senso della misura può semplificare anche cose complesse.
In che cosa consiste, a tuo avviso, il legame tra “La Notte della Taranta” e globalizzazione culturale?
Questo è un argomento che non può essere liquidato in quattro battute e necessita, è ovvio, di riflessioni appropriate e analisi particolareggiate. Un legame tra l’Evento della Taranta e la globalizzazione culturale consiste in quella concezione post-moderna degli insiemi culturali, di cui ho parlato poco fa. Essa ci conduce, in certo senso, alla nozione del glocale. Il glocale si può determinare in una duplice direzione: quando il locale si globalizza e quando, viceversa, il globale si rimpicciolisce nel locale. Io credo che l’Evento della Taranta includa nella sua struttura entrambe le direzioni. E’, però, evidente, in generale, che quando il contenuto locale si erge, si eleva, affermandosi, verso circuiti internazionali, lo fa al prezzo della sua spersonalizzazione culturale e identitaria, mentre, nel processo inverso, quando la tendenza o il gusto globale si rimpiccioliscono ed entrano nel sistema locale, questo avviene in maniera pervasiva e sconvolgente, nel senso che viene attivata una metamorfosi sociale che cambia rapporti, comportamenti, mode, linguaggi. E’ indubbio che “La Notte della Taranta” sia, originariamente, un contenuto locale che si afferma e si estende in confini più ampi, ma, nella sua evoluzione, l’Evento ha introdotto, nel codice popolare autoctono del tarantismo, attraverso la logica estetica delle contaminazioni spinte, tanti elementi lontani, decontestualizzati anch’essi, i più disparati possibile, appartenenti a provenienze sconosciute, anche a notorietà già affermate. Letta attraverso il glocale, “La Notte della Taranta” fatalmente ha attraversato le tappe negative della spersonalizzazione del suo profilo identitario e dell’alterazione del sistema culturale locale. Questo, in fondo, è il fertile paradosso della Taranta: nata per salvaguardare un’identità, finisce per annullarla. Dico fertile, sul piano intellettuale, perché non credo che negli ultimi vent’anni ci sia stato nel nostro territorio un Evento che abbia scatenato la discussione su di noi con la stessa potenza. Dobbiamo, dunque, essere grati alla Taranta perché, interrogandola, ci poniamo domande decisive su noi stesi e sulla nostra terra.
Cosa pensi dell’intervento di Cotroneo?
In linea generale, condivido lo spirito della riflessione. Il suo intervento mi pare smascherante e questo mi va bene. Tuttavia il tono usato dal noto stroncatore di cose letterarie mi ha leggermente disturbato. Il ragionamento mi è parso assai sommario nei vari passaggi e animato da una cinica quanto snobistica demolizione della Taranta.