Cartoline dal Salento nel segno del ragno

Catturati nella tela Danze sfrenate, serate insonni, odori e colori dal più sensuale Mediterraneo. A Melpignano, il 26 agosto, va in scena il festival con l’orchestra di Ambrogio Sparagna, una miscela di cultura, consumo e propaganda pubblicitaria

Ragni sulle t shirt e nelle insegne dei bar di Otranto, in ogni festa e souvenir per i vacanzieri della taranta. Quelli che hanno alimentato la mitologia turistica del Salento, un prodotto che si vende senza bisogno di alcun apparato promozionale. Perché è qui, in questo estremo lembo di terra, compresso deliziosamente tra due mari, la frontiera estrema dell’intrattenimento pop.
Quello che si alimenta con la leggenda della «Notte della taranta», che non è più l’epilogo delle ricerche antropologiche di De Martino, Carpitella, Rina Durante, Piero Fumarola e George Lapassade (gli ultimi due, mai abbastanza lodati per l’impulso che, nei primi insospettabili anni ’90 hanno dato alla reinterpretazione delle radici folkloriche e del tarantismo, quando le mode non abitavano qui, e poi tornati alla penombra confortevole e poco patinata degli studi accademici), ma un tappa, quella finale, del nomadismo estivo della nuova cultura della strada.
Chi cerca danze sfrenate, notti insonni, odori e colori dal più sensuale Mediterraneo, fa bene a raggiungere Melpignano il 26 agosto, quando andrà in scena il festival, con la sontuosa orchestra diligentemente disegnata da Ambrogio Sparagna, ricca di musicisti e cantanti (quest’anno saranno 70, non esiste al mondo, altra formazione folk così trascinante e voluminosa), alle prese con un repertorio che si annuncia vario, fatto non soltanto dei classici, delle pizziche e degli omaggi a Santu Paulu, tributati anche dai rotocalchi tv come Gente.
Ma la carica ancestrale, il neo tribalismo elegante e da cartolina, appunto, rimane, intatto, immune all’innovazione, ma capace di catturare col suo tocco aggressivo un pubblico sterminato, folle che nemmeno gli U2 in Italia possono permettersi. E che a Melpignano accorrono, come ogni anno, preferendo questo dolce, elegante paesino del Salento a Ibiza e Formentera.
La «notte» è sempre uno spettacolo irripetibile, e testimonia la straordinaria diversità e tipicità salentina, dove il folk è vita quotidiana, suono delle generazioni, oggetto perfetto per raccontare gli amici, la lotta per la sopravvivenza e la strada.
Tutto è iniziato con il Sud Sound System (che a Melpignano dovrebbero, per ragioni, non solo artistiche, ma soprattutto filologiche, essere in ogni edizione, l’anima e lo spirito del concerto), che nei primi anni ’90 hanno, complice il ragga, introdotto gli adolescenti ad un utilizzo vivido del dialetto, con quella espressione, tarant amuffin, che coniugava tradizione e visioni dal futuro, radici e piste da ballo, tropici e Salento, dimostrando che i linguaggi della musica possono davvero essere planetari.
Da allora, è stata una frenetica rincorsa alla riscoperta di un patrimonio sterminato, fatto di riti, danze terapeutiche, ragni maculati che inducono stati di allucinazione e violinisti che inducono la trance. Se ne è accorto il cinema, la tv, il Salento è divenuto lo spot più desiderato per serial e telefilm, premi letterari e festival.
Quello della «Notte della taranta» è il più importante, con un cast che riesce sempre a stupire, che riserva emozionanti sorprese (il meraviglioso de Gregori dell’edizione 2005, quella dove finalmente furono invitai i maestri cantori del Sud Sound system, un sublime Raiz nel 2004, Stewart Copeland, persino un Piero Pelù colto da irripetibile ispirazione alle prese con le ballate del maggio fiorentino, l’apertura, sempre 2005, con l’icona del folk Giovanna Marini).
D’altro canto questa è la terra non soltanto di Carmelo Bene, ma anche di Eugenio Barba che faceva teatro tra oriente e occidente e trasformava la rappresentazione in festa, happening e concerto, mobilitando interi paesi che a lui hanno tributato celebrazioni dionisiache, come la festa della Mieru (la Festa del vino), che si svolge a Carpignano, pochi chilometri da Melpignano, i primi giorni di settembre, con il borgo che diventa un luogo di baccanali e di piaceri scanditi dalla musica e dal vino.
Chi volesse cercare tracce del «rimorso» di De Martino rimarrà ovviamente deluso. Ma non è quello il punto.
La «Notte della taranta» è una miscela di cultura, consumo e propaganda turistica che ha fatto la fortuna del Salento e che ci spinge ad amarla, nonostante le polemiche ed anche un certo snobismo per l’abuso della pizzica che qui ti segue ovunque, nelle pizzerie, nelle spiagge, nei supermercati, come quella «musica per ambienti» teorizzata da Brian Eno, capace di farsi essa stessa scenario, piuttosto che scena… e che a Melpignano trova la su esteriore consacrazione.
I ragni maculati della tradizione che pizzicavano le donne durante al raccolta del tabacco sotto un sole che rapisce la mente e la porta in un galassia lontana, quelli sopravvissuti, si nascondono ancora nei sempre più rari muretti a secco.

Tratto da il manifesto del 22 agosto 2006

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