La cultura scappata di mano alla Provincia

Le polemiche che piovono sulla Notte della Taranta non risparmiano l’attività dell’assessorato provinciale

La si potrebbe pensare come una grande febbre, alta, che dura da diverso tempo. Una terra, quella del Salento, che per un decennio è stata guardata, ammirata e invidiata dalla capitale Bari come una fucina di vera cultura. Dove accadevano talmente tante cose interessanti, che per qualunque artista, pensatore, creativo, regista, attore e quant’altro scendere fin qua giù era un must. Non ultimo, tra questi, lo scrittore Cotroneo che, con molto malinconica alterigia, ora ne piange la decandenza.
Al quale, però. bisogna anche ricordare che la Notte della Taranta non è solo il grande appening oleografico (come lo ha descritto), ma significa anche studio, lavoro editoriale, seminari, convegni, dibattiti e un grande archivio di suoni, registrazioni, video, testi, tesi di laurea sperimentali. In una parola, l’Istituto Diego Carpitella, sotto la cui egida e direzione scientifica accade tutto questo. Cotroneo, forse non sa che il Carpitella promuove borse di studio per le tesi di laurea, seminari di musica popolare, che sono delle vere e proprie occasioni per imparare altre modalità di suonare il tamburello, ad esempio, o di cantare una nenia funebre.
Ma, è pur vero che gli effetti della febbre si fanno già sentire.
Il Salento è diventato una sorta di luogo mitico, anche per chi vi abita, perchè, sopratutto d’estate (altro che grande male), tutti i sensi si possono appagare. C’è il mare, la campagna ancora rurale, un cibo fantastico, quasi gratis nelle mille sagre paesane, e tutta una seire di appuntamenti culturali nelle piazze con le chianche, nelle corti, i palazzi ducali e marchesali, le masserie, le ville nobiliari, all’ombra dei concenti.
In contemporana creasceva il fenomeno della Notte della Taranta, ora al suo nono anno, che, per verità, solo da un paio di anni riceve fondi anche dalla Provincia.
Una vera manna, dunque, che è andata via via crescendo, grazie anche alla politica di un amministratore come Lorenzo Ria che ha puntato molto sulla cultura come veicolo per lanciare il turismo, che fosse di qualità. Far rivivere i centri storici dei paesi, attraverso uno spettacolo di Eugenio Allegri, puttosto che del Teatro dei Due Mondi, o il concerto di Paolo Fresu.
Ecco, allora, l’idea di Negroamaro, un cartellone fatto di grandi nomi a coprire i luoghi dell’intera provincia, a cui affiencare poche altre chicche, come il Premio Salento, l’Olio alla Poesia, la stagione estiva del teatro Koreja. Tutto questo ha provocato, come controcanto, la morte di tante realtà autonome, a cui non è più arrivato un soldo di finanziamento, tutti destinati al grande cartellone.
Negli ultimi due anni sono scomparsi il festival teastrale “Filufilese” di Presicce (un appuntamento per 20 anni consecutivi, con nomi che facevano invidia persino ai Koreja), così come, sempre a Presicce, la rassegna jazz che ogni sera riempiva l’atrio del vecchio convento dei Domenicani fino a 300 spettatori. Non c’è più la stagione estiva dei Koreja che, invece, è costretta a seguire le puntate della Notte della Taranta per portare, ogni sera, lo stesso spettacolo inerente al tema della taranta, come se fossero venditori di noccioline.
Ecco, questi sono un pò gli effetti della febbre, per i quali non si può additare il mega evento di Melpignano come l’unica causa scatenante. Sarebbe come dire che, siccome sono tutti ciucci, facciamo fuori il più bravo della classe.
Non Sergio Blasi, dunque, ma qualcuno deve pur rispondere a questa sorta di decadenza che si ravvisa nella politica culturale, o meglio nell’assenza di una vera e propria programmazione, che abbia una regia, così come è stato durante gli otto anni dell’amministrazione Ria, in cui il ruolo dell’assessore alla Cultura Remigio Morelli è stato decisivo.
Come mai, infatti, non è più possibile, andando in giro per i paesi, anche piccoli, della provincia, e assistere ai bellissimi spettacoli della rassegna estiva dei Koreja? Era una vera festa per tutti, non solo per i turisti, ma sopratutto per i residenti dei paesi dove si fermava la compagnia, come gli anziani e i bambini, divenuti dei veri esperti di teatro contemporaneo. E perchè la romantica Santa Maria a Cerrate non è più rallegrata dagli spettacoli?
E che dire del Premio Salento, che solo l’anno scorso aveva fatto arrivare il premio Nobel Saramago, e che quest’anno è caduto nel nulla, senza uno straccio di spiegazione. E le cave di Cursi, che per anni sono stati il più magnifico luogo per spettacolo e concerti, e ora sono luoghi muti.
E’ vero che troppa energia stanca, che la febbre sfianca, e che serve fermarsi un po’ e fare il punto della situazione per poi ritrovare una nuova strada. E la Provincia deve riprendere in mano le fila, dopo due anni di assoluto silenzio.
Il grande rinascimento salentino ora sembra che stia lasciando il passo al fermento di Bari e delle sue città di provincia, ma anche tutta la Valle d’Itria. C’è grande qualità, cultura, anche se non c’è ancora un fenomeno come la Taranta.

Tratto da Paese Nuovo del 18 agosto 2006

(A. Mar.)

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