Il ri-morso della Taranta

da Tgcom.it – di Chiara Zilli

Dopo sette edizioni di successo, torna dal 12 al 27 agosto il Festival La Notte della Taranta, Melpignano, Salento, Italia. Sul palco per il mega concertone finale, quest’anno, l’Orchestra Popolare “La Notte della Taranta” ospiterà Giovanna Marini, Francesco De Gregori, Piero Pelù, l’attrice Sonia Bergamasco, il cantante Pino Ingrosso, il cantastorie comasco Davide Van de Sfroos e i salentini Sud Sound System, che daranno vita a un dialogo musicale fra le voci, i ritmi, le cadenze della pizzica e le altre tradizioni popolari della musica italiana.

Taranta, pizzica, pizzica de core, pizzica scherma. Fermi tutti. Di che stiamo parlando? Il ri-morso della taranta in questi ultimi anni, grazie al festival di Melpignano, si è fatto sentire in tutto il Salento e non solo.

Ha travalicato confini regionali e nazionali e si è spinto fino a Pechino, dove una troupe televisiva della Tv di Stato è pronta a sbarcare nel Salento per ammirare, sentire, carpire la densa atomosfera dell’appuntamento di chiusura .

E’ già tantissimo. Ma non è tutto qui. Da quando il ragno ha ri-morso le masse, nel 1998, si è innescato un vorticoso percorso che si è trascinato dietro tutta la vita, la cultura, la musica che ha incontrato per strada, tanto che il nucleo identitario inscritto nella musica salentina rischia di rimanere sullo sfondo annacquato, stemperato, incompreso. E’ il rovescio della medaglia di un processo virtuoso, le cui potenzialità sembrano a volte incagliate in superficie, incastrate in stereotipi e nuove mode che, commercializzando, inevitabilmente banalizzano, rimandando sempre più a domani il completamento del percorso.

Che è il recupero, ma soprattutto la trasposizione in musica e in danza sulla propria pelle, della cultura orale e popolare salentina, veicolata da oltre un secolo attraverso gli stornelli, le nenie, le pizziche lente, i canti d’amore dei cantori-contandini del Salento. Un patrimonio i cui echi non sarebbero forse mai giunti sino a noi, senza il contributo della Notte della Taranta. Ora che anche a Pechino sono arrivati i postumi di una cultura meravigliosa e sconfinata, forse siamo pronti a guardare più in profondità. Il festival, come tutti gli anni, ce ne dà l’occasione. Grazie alla partecipazione, nelle 13 serate che precedono la tradizionale notte finale a Melpignano, di alcuni fra i gruppi più rappresentativi della scena della musica popolare, come l’Uccio Aloisi Gruppu.

Si dice che gli antichi greci abbandonassero i loro cantori, gli aedi, in luogo privo di vita in attesa della morte, quando questi divenivano un fardello troppo ingombrante e pesante per le nuove generazioni. Il Salento e l’Italia invece hanno la fortuna di poter ancora ascoltare “li romanzi”, come li chiama lui, di uno dei più importanti cantori di musica popolare: Uccio Aloisi. Balzato improvvisamente agli onori delle cronache alla veneranda età di 74 anni, sull’onda del revival che ha restituito dignità alla pizzica, quando per le edizioni del Manifesto pubblica il cd Robba de Smuju (Roba da poco), lo potremo vedere in azione il 24 agosto a Carpignano Salentino, e il 27 agosto a Melpignano a dare il via alla serata di chiusura.

Uccio Aloisi è un patrimonio storico-culturale vivente, è la porta che si apre su quel nucleo identitario che rischia di perdersi a metà strada tra tradizione, innovazione e commercializzazione. Proviene da un mondo, quello contadino a cavallo fra le due guerre, che vive e respira musica per non morire di fame, dove le canzoni “se cacciane de sotta terra (si tirano fuori da sottoterra)”, dove mettendo insieme un tamburello, una tromba, un sassofono e un bombardino si crea l’arte dello stare insieme.

Partecipare a una delle sue performance significa fare un salto nel passato e riappropriarsi di un sapere che, come in tutte le culture orali, è prima di tutto senso di appartenenza, dove il saper fare deriva dal saper condividere. Una sapienza semplice, che si fa gioco dei falsi miti: “Tarantate? – dice Uccio nel libro intervista I colori della terra edizioni Aramirè -alli fessi dai retta tie, tarantatu perché unu ni piace cu balla”, “Le pizziche? Le fannu quando fannu le feste..e basta”. Come a dire: la pizzica è solo musica di festa, la donna tarantata, è morsa solo dalla voglia di ballare. Una sapienza severa, che detta anche le regole della condivisione: “Di stare sulla faccia della terra- dice Uccio- tocca puru cu sai cu stai. Ca poi, se si nu scurzune, sempre scurzune sinti! (bisogna anche saper stare sulla faccia della terra, che se sei un serpente, tale rimani!). Perché – parola di Uccio- “solo l’educazione vince il paradiso”.

Provate allora ad immergervi in una delle 13 notte salentine, respirerete ritmo, storia e cultura, vedrete rivivere quella radice identitarie che ha la possibilità di arrivare a tutti, oggi, attraverso la riscoperta della musica popolare. Soltanto dopo gustatevi il concertone finale. Avrà tutto un altro sapore.

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