di Ivan Della Mea
da l’Unità del 12 dicembre 2004
È il titolo del belllissimo cd di Roberto Raheli. L’ho ascoltato in Puglia: ha delle cose forti da dire e le sa dire
A Bari il 22 novembre, ore 18 circa, biblioteca grande, bella, io un poco inadeguato mi sento in quanto invitato lì a dire de La memoria che resta di Giovanni Rinaldi e Paola Sobrero edizioni Aramirè; a dire di Una memoria interrotta. Lotte contadine e nascita della democrazia di Grazia Prontera edizioni Aramirè; a dire, dunque, delle voci della vita di contadini e delle lotte contro i grandi latifondisti sfruttatori della Capitanata e a dire della settimana rossa di Bari (1914) offuscata per storia dalla settimana rossa di Ancona; a dire della vita di Giuseppe Di Vittorio, che ancora è memoria di ex braccianti e loro famigli, storiografia orale quindi grazie alla quale poter leggere il punto di vista delle cosiddette classi subalterne, materiali per una riflessione politico culturale ancora tutta da fare per capire come mai in quella zona e con quelle lotte e nonostante la forza e l’ingegno di un Giuseppe Di Vittorio non è cresciuto un movimento di solidariietà fatto di leghe contadine e di società di mutuo soccorso bensì si sono sedate le lotte con concessioni individuali di pezzetti di terra insufficienti a dare la dignità minima dell’umana sopravvivenza e dunque costringendo il piccolissimo proprietario a rifarsi bracciante e schiavo; e a dire che nonostante il sole della speranza si sia fatto rosso è rimasta la memoria del sopruso, un dramma che si può leggere e vedere oggi nei Braccianti. La memoria che resta grande teatro sociale di Enrico Messina e Micaela Sapienza.
Poi, sempre in quella biblioteca, per dire del Salento degli Aramirè edizioni certo e gruppo di ricerca e di riproposta dei suoni salentini, in polemica con i pizzicanti pizzicagnoli tarantolati o dalla voglia di fare moda, consumo, il verso al popolo, folklorismo becero d’accatto, le notti della tarantola. Con il massimo rispetto, filologico a parer mio, dello spirito vivo della tradizione, Roberto Raheli canta il nostro presente e propone così un nuovo e più alto livello del canto della protesta sociale. Mazzate pesanti è il titolo del cd e di mazzate di tratta e pesanti davvero e dedicate all’universo mondo con intelligenza e tutto quello che occorre per indurre un ascolto non evasivo: la ragione di Raheli vuole essere ascoltata e ci riesce. Tornando a Milano, un po’ sfranto dalla fatica, ho sentito la necessità di sdebitarmi per i doni che avevo ricevuto. A Giovanni Rinaldi e a Paola Sobrero e a Grazia Prontera e agli Aramirè in generale e a Roberto Raheli in particolare e a Lia de Martino figlia di Ernesto incontrata in stazione a Bari, e anche questo è un ricordo di molto caro, e a Pino e Carlo suoi giovani amici musicisti di Altamura che l’hanno accompagnata e che mi hanno lasciato di che ascoltare e alla voglia che ci siamo regalata di ritrovarci: a tutti loro insomma io dedico questo:Prima di Bari
… prima di Bari
treno notte Molise
albedo a San Severo
immensa d’oro la spianata
oro rosso ramato e infuocato
oro bianco altrove è platinata
oro sono i quattro orizzonti
capitanata
la vigna spogliata d’uve
regala oro a foglie
l’olivo lo raccoglie
assai attento
alla bellezza d’arte inarrivata
che all’occhio dona il pianto della gioia
gli intarsi
perfetti più di dio
di lui più preziosi
smeraldi luminosi
che lanciano all’azzurro
d’un cielo di madonna
la grande luce di quel giorno primo:
per quella ogni ventura è comandata
anche i carciofi
sanno la libertà capitanata
immenso è il tuo ciborio
Giuseppe Di Vittorio
la piana d’oro è sempre la tua stanza
speranza ancora mai perduta
oltre le Puglie tutte:
poi,
è Bari:
si scende il treno
e l’alba grande ora s’è venuta.